
Monsignor Alberto Rocca alla presentazione dei quattro disegni del Codice Atlantico di Leonardo in partenza per Osaka
MILANO – Se chiediamo a monsignor Alberto Rocca, nato a Busto Arsizio, di confermarci che è milanese, risponde con un sorriso educato: “Ininfluente precisarlo, qui, in Sala della Rosa all’Ambrosiana”. Infatti, essere dottore della Veneranda Biblioteca Ambrosiana e attuale direttore della Pinacoteca Ambrosiana, oltre che canonico effettivo del Capitolo Metropolitano del Duomo di Milano (abitando quindi in piazza Duomo) è abbastanza denso di significato. “Mi lasci però anche dire che amo molto Milano, grato di far parte di due realtà ambrosiane per eccellenza: accanto all’arcivescovo, nella liturgia quotidiana, e al lavoro nella più antica biblioteca pubblica d’Europa e nel più antico museo di Milano”.
La sintesi della Milano ecclesiastica. Ma cosa definisce l’identità collettiva della metropoli?
“La vocazione al lavoro e all’imprenditoria. L’ingegno che si unisce al voler fare. Il fare come esperienza di una complessa realtà di attori, il fare con un progetto. Non a caso Milano era definita capitale morale d’Italia”
Non più?
“Lo trova scritto da qualche parte?”
“Morale” non è una parola vuota...
“Significa, appunto, agire avendo presente non solo il beneficio di carattere economico, ma anche come può essere distribuito. Arrivare a dividendi e farne investimenti, che producano cultura e civiltà”.
Siete stati partner della mostra alle Gallerie d’Italia “Il Genio di Milano: crocevia delle arti dalla Fabbrica del Duomo al Novecento”, avete promosso un incontro su come il legame tra cultura ed economia possa ancora identificare la civitas di domani. Intanto, Milano è crocevia internazionale, di identità diverse. Fenomeno con gravi conseguenze?
“Semmai mi preoccupa come i milanesi, che si sentono al centro del mondo, siano stati educati davvero all’incontro, al confronto, al dialogo”.
Un soggetto educativo è certamente l’Accademia dell’Ambrosiana.
“Erede del progetto di Federico Borromeo (concepito 400 anni fa), comprende otto classi di studi (sull’Estremo Oriente e sul Vicino Oriente, quindi Islam ed Ebraismo, e Slavistica, Africa...) e si propone come agorà di popoli e culture”.
Lei monsignor Rocca, profondo conoscitore del Giappone, ci andrà in vacanza anche quest’estate?
“Per la verità, ci vado sempre a studiare. E all’Expo 2025 di Osaka, da poco, sono stato a portare due fogli del Codice Atlantico di Leonardo (conservato all’Ambrosiana), da esporre nel Padiglione Italia. Saranno sostituiti da altri due a luglio”.
L’Ambrosiana custodisce anche un manoscritto su un viaggio di giapponesi a Milano.
“Per superare la scarsa stima reciproca tra Europa e Sol Levante, quattro giovani erano stati mandati da un gesuita in un lungo viaggio nel vecchio continente. Nel 1585 vanno a spasso per Milano: la fiorente città che allora li entusiasma, per l’opulenta produzione di tessuti, gioielli, armi, fortificazioni del Castello, non mi pare diversa da quella contemporanea, sempre in fermento”.
Non va cercata, dunque, dicotomìa tra passato e presente?
“La visita dei giapponesi, per fortuna, avvenne tra le due tragiche pestilenze che infestarono il Nord Italia. Comunque, il mio approccio mi porta a rintracciare più continuità che contrapposizioni, nella storia”.
Ciò distingue la sua direzione alla Pinacoteca?
“L’Ambrosiana è una realtà collegiale. Insieme, conservatori e dottori, ci adopriamo tutti consapevoli del grandioso cambiamento in atto, per coglierne le possibilità, a cominciare dall’intelligenza artificiale”.
Un esempio?
“La sala che vanta la più cospicua collezione privata di dipinti fiamminghi in Italia (con gli splendidi Vasi di fiori di Jan Brueghel, ndr) è stata riaperta in questi giorni con la dotazione di uno strumento tecnologico che favorisce la didattica, unendo arte e spiritualità”.
Alle lezioni gratuite della quindicesima Summer School, da lei tenute su come si legge un’opera d’arte, accorrono diciottenni non solo milanesi. Dobbiamo concludere, riconsiderando il ruolo del museo: ha sostituito la chiesa?
“Nella committenza, forse, ma non la supplisce certo in tutto. Quanto all’Ambrosiana, Federico l’aveva fondata per promuovere l’amore del bello, per il bene delle persone, della società e della Chiesa, scegliendo come simbolo la palma che fiorisce nel deserto. Compito attualissimo”.
Senza riferimenti all’attuale politica (per Statuto vi sono vietati), come uomo di Chiesa è ottimista?
“Davanti al cartone preparatorio della Scuola di Atene di Raffaello che conserviamo, e celebra la ricerca del vero attraverso la scienza, mi piace ricordare che lo disegnò a 24 anni. Nella Stanza della Segnatura in Vaticano, dove realizzò l’affresco, indicò che occorrono anche fede e teologia”.