
Willie Peyote (a sinistra) ha collaborato con Francesco Cavestri per il brano “Entropia“
Milano, 24 maggio 2025 – Il lirismo di John Coltrane, lo sperimentalismo dei Radiohead, la grana elettronica dei Massive Attack. Ma anche l’eleganza di Ennio Morricone e la sensibilità rarefatta di Ryuichi Sakamoto. Un tappeto musicale che rispolvera (e rilegge) anche “Bittersweet Symphony“ e “Livin’ on a prayer“. Emisferi solo all’apparenza distanti. Un “disordine“ che “deriva da una mancanza di confini, letta come esigenza di conoscenza”. Entropia. Che non è soltanto il nome del brano firmato dal pianista Francesco Cavestri con Willie Peyote.
È un’attitudine verso la musica. Che ha fatto entrare Cavestri nella classifica Forbes Under 30 per la sua influenza nel mondo musicale. Primo musicista jazz di sempre. Questo weekend sarà uno dei protagonisti di Piano City Milano: oggi alle 18 allo Spazio Vitale Barberis in via Solferino, domani alle 19 al Portrait di corso Venezia.
In che mondi spazierà?
“Nello storico lanificio nel cuore di Brera sarà un repertorio elegante, che strizza l’occhio al jazz. Al Portrait, invece, ci saranno tributi più riconoscibili”.
In un “disordine“ che intreccia i generi come un filo invisibile... ma lei sente di avere più entropia o entalpia?
“Forse ho più entropia, ma per stare nel marasma che ci circonda occorre studiare. Sapersi destreggiare, oggi è la chiave della sopravvivenza, non solo nella musica. Certo, poi anche la forza che hai dentro di te è importante perché va a nutrire il bisogno di muoversi nell’entropia”. Quindi per lei non c’è solo il bianco e il nero nella ricerca della propria essenza?
“Del resto, come nel pianoforte i tasti bianchi e neri hanno un senso solo se stanno insieme”.
Un po’ come lei e Willie Peyote...
“Jazz e hip hop sono due generi fratelli. Con Willie ci siamo conosciuti a un concerto di Paolo Fresu e abbiamo subito trovato innumerevoli punti in comune. Del resto, forse non tutti sanno che la musica che ascoltiamo oggi arriva tutta dal jazz”.
E lei quando lo ha scoperto?
“Tra la seconda e la terza media, io suonavo il piano già da 7-8 anni con una impostazione classica, ma quando ho sentito Miles Davis ho avuto una folgorazione”.
Ha suonato con grandi nomi, da Fresu a Bollani. Ora la collaborazione con Willie Peyote: con chi si sentirebbe di sperimentare nuovi progetti?
“Beh, Malika Ayane è una artista con cui mi piacerebbe lavorare. Ha quella cultura, quella sensibilità e quella capacità di emozionare che permetterebbero di trasformare la “confusione“ in qualcosa di autentico e potente”.
Ecco, in questa entropia, il pianista Francesco Cavestri come si sente?
“Un tasto bianco che sogna di diventare tasto nero. Che, infatti, sulla tastiera di un pianoforte sta un gradino sopra”.