
Geppi Cucciari
Milano – “Mio marito è una pianta. La sua apatia me lo fa sembrare a tratti un essere moralmente superiore. Se io avessi un briciolo della sua serenità forse sarei una persona migliore. Viceversa, io sono una nevrotica. Ma forse perché ho un carico di responsabilità, doveri e mansioni che egli non soltanto non si assume ma spesso addirittura ignora, come se le cose si realizzassero da sé”. Natura maschio-vegetativa. Per fortuna tanti di noi sono lontani dal modello. In compenso già si coglie la bellezza della scrittura di Mattia Torre. Una delle più lucide (e ispirate) della sua generazione. Non soltanto ovviamente per il cult “Boris”. Basti pensare al fitto rapporto che ha sempre avuto l’autore romano con il teatro, dove ha firmato alcuni testi molto amati di questi anni, fra cui il premiatissimo “Migliore”, con Valerio Mastandrea. Se ne è andato troppo presto. Nel luglio del 2019. Pochi mesi dopo il debutto milanese al Franco Parenti del suo “Perfetta”, monologo scritto e pensato per l’amica Geppi Cucciari.
Da allora è un piccolo classico. Lo si è più volte incrociato nelle stagioni. Ma fa piacere ritrovarlo proprio al Pier Lombardo, da stasera in Sala Grande. In queste giornate di ritorno alla normalità dopo la furia sanremese, dove l’attrice e conduttrice cagliaritana è stata fra le presenze più brillanti. Al solito. Sul palco, quindi. Con un’ampia, colorata tavolozza di sfumature. Un fiume di parole in cui la comicità lascia spesso spazio a orizzonti più malinconici. Se non drammatici. Mentre si condivide in scena la vita della protagonista.
Anonima e speciale, come tutti. Attraverso un tempo scandito dalle quattro fasi del ciclo femminile. Ventotto giorni. Quattro martedì. Riferimento non scontato. Che detta il ritmo a una routine esistenziale solo apparentemente sempre uguale a sé stessa. In realtà, sotto la cipria, c’è un mondo in continua mutazione. Montagna russa di stati d’animo, emozioni, punti di vista. Con Geppi a interpretare una venditrice di automobili. Moglie e madre. Spersa in una quotidianità fin troppo schematica. Osservata con rigore e delicatezza. Senza evitare di affrontare alcuni argomenti tabù. Mentre si ride, certo. Ma a denti parecchio stretti. Al suo fianco le musiche originali di Paolo Fresu. Costumi di Antonio Marras. Repliche fino a domenica.