
Paul Gauguin: “Donne tahitiane sdraiate”, olio su tela del 1894
Milano, 27 ottobre 2015 - Per ammirarle, abitualmente occorre spingersi a Copenhagen, presentarsi allo Statens Museum for Kunst e rivolgere un’apposita richiesta: solo allora si schiude il forziere con le zincografie della “Volpini Suite”. Così sino a questa sera: quando le preziose opere che Paul Gauguin (a destra, "Vahine no te tiare", particolare) compose fra il 1887 e il 1889 quasi come catalogo autopromozionale delle sua estetica rivoluzionaria si offriranno all’ammirazione dei milanesi. Si apre infatti nel nome del maestro francese che incontrò se stesso nella remota Polinesia - ma è solo una del poker di mostre, più una stanziale e fondamentale - il Museo delle Culture di Milano: ri/apertura alla grande, dopo la partenza anticipata, accompagnata dalle polemiche (legali) con David Chipperfield. A proposito, difficile che l’archistar si faccia vedere alla vernice.
Tante mostre, dunque. Proseguiamo con Gauguin. Promossa come le altre dal Comune e prodotta da 24 Ore Cultura, “Racconti dal paradiso” conta una settantina di opere, che ripercorrono la lunga odissea alla ricerca del primitivismo, sorgente genuina, anche nella vicina Bretagna. Fra le intense testimonianze per la prima volta in Italia l’“Autoritratto con Cristo giallo”, da Parigi, e il “Mahana no atua (Giorno di Dio)” da Chicago.
Repentino balzo di tempo e di spazio. Seconda mostra: “The icon”. All’anagrafe della fantasia è registrata come Barbara Millicent Robert, ma da oltre mezzo secolo il mondo la conosce come Barbie. Tecnicamente è una bambola, paradiso per eserciti di bambine. In realtà è appunto un’icona, anche etnografica, che ha seguito ogni evoluzione del costume, della moda, della stessa Storia: è andata sulla Luna, è stata nominata ambasciatrice Unicef. Ha indossato un miliardo di abiti, impersonando ora Elizabeth “Clepatra” Taylor ora la regina Elisabetta. Come mostrano le cinque ricchissime sezioni, interattive, dell’esposizione curata da Massimiliano Capella.
La mostra in più: la Collezione Permanente selezionata fra gli ottomila reperti delle Raccolte etnografiche del Comune. Marina Pugliese, direttrice del progetto espositivo, e Carolina Orsini, curatrice, hanno scenograficamente impaginato oltre duecento fra armadilli del Perù e lance congolesi, maschere giapponesi e del Burkina Faso, bracciali-moneta scampati quasi per caso alla distruzione per fusione industriale. Una vicenda, quella delle Raccolte, tutta da scoprire, parte della storia di Milano, dalla “Wunderkammer” di Ludovico Settala ai bombardamenti del Castello. Prosecuzione spontanea della Collezione è “A Beautiful Confluence”, raffinata mostra dedicata alla passione geometrica di Anni e Josef Albers, pionieri del modernismo.
Ultima rassegna: “Eritrea/Etiopia”, immagini e storie. Ma non è ancora tutto. Il Museo delle Culture ha pensato ai più piccoli. Con “Mosaico Marocco”: la ricostruzione con materiali originari di una via e di una casa sulle altre rive del Mediterraneo. Come divertirsi imparando l’alfabeto arabo o cuocendo un dolcetto locale. Se viene male, nessuna paura: poi ai bimbi ne regalano uno ottimo.