C’era una volta il Derby Club, il film sul locale che inventò la comicità milanese. E dove in platea c’erano Agnelli e Vallanzasca

Il documentario verrà trasmesso su RaiTre, il regista Marco Spagnoli: “Un’epopea che ha attraversato e definito le trasformazioni della città”

La locandina del documentario "C'era una volta il derby". Una foto d'epoca con alcuni dei protagonisti del locale milanese: Guido Nicheli (Dogui), Giorgio Porcaro, Diego Abatantuono, Massimo Boldi e Enzo Jannacci

La locandina del documentario "C'era una volta il derby". Una foto d'epoca con alcuni dei protagonisti del locale milanese: Guido Nicheli (Dogui), Giorgio Porcaro, Diego Abatantuono, Massimo Boldi e Enzo Jannacci

Milano – Si intitola “C’era una volta il Derby Club” il documentario di Marco Spagnoli che ripercorre l’epopea dello storico locale del cabaret di via Monterosa e che arriverà in tv il 19 aprile su RaiTre. Il film verrà presentato in anteprima martedì 19 marzo al Bif&St, il festival cinematografico di Bari. 

Tutti i grandi

Prodotta da Samarcanda Film e Rai Documentari, la pellicola racconta la storia del locale che per 26 anni, dal 1959 al 1985, ha visto sul palco, tra gli altri, Dario Fo, Enzo Jannacci, Giorgio GaberCochi e RenatoClaudio Bisio, Paolo RossiDiego AbatantuonoAldo, Giovanni e Giacomo

In platea industriali e gangster

Di rilievo anche le persone che furono dall’altra parte del palcoscenico: un pubblico eterogeneo fatto di industriali, attori, intellettuali e anche criminali. Tra i quali Ugo Tognazzi, Gianni Agnelli, Lina Wertmuller, Bettino Craxi, ma anche gangster come Francis Turatello e Renato Vallanzasca. Quest'ultimo, si dice, scappò dalla polizia da una finestra del Derby. Non solo, il  locale entrò anche nel caso Tortora, quando Gianni Melluso sostenne che proprio al Derby il conduttore di Portobello smerciava droga. E a proposito di droga, l’anno della chiusura il locale finì anche al centro di un’operazione della polizia contro lo spaccio di cocaina

L’esordio di Paolo Rossi

Racconta Paolo Rossi nel documentario: “Per sopravvivere dovevi adattarti al Derby. Il mio esordio fu dopo il numero di Teo Teocoli e Massimo Boldi quando 400 persone, appagate, in sala si alzarono e se ne andarono via. Io dovevo comunque entrare subito dopo tanto da chiedere ai pochi rimasti di restare. Passata una cosa del genere, cosa vuoi ti possa succedere di peggio?”.

Dal ristorante al jazz

La storia el Derby inizia nel 1959 quando Gianni e Angela Bongiovanni – zii di un futuro protagonista sul palco, Diego Abatantuono (la cui mamma faceva la guardarobiera) – aprono un ristorante, il Gi-Go, nella villetta liberty di via Monterosa 84 (diventata poi sede del centro sociale Cantiere). Gli affari non vanno bene e così i coniugi decidono di aprirsi alla musica e agli spettacoli dal vivo. Coinvolgono il jazzista Enrico Intra nella veste di direttore artistico e nel 1962, nello scantinato del ristorante, nasce l’Intra’s Derby Club, in riferimento al musicista e anche alle gare di cavalli del vicino ippodromo. Insieme alla musica jazz vengono proposti anche spettacoli comici. È il primo locale di questo tipo a Milano: il successo è travolgente. Il Derby diventa, tra gli anni 60 e i 70 una tappa obbligata delle notti milanesi, anche perché apre alle 23 e chiude all’alba. 

Identità di Milano

“La storia di questo locale – sottolinea il regista Marco Spagnoli – coincide a grandi linee con quella di una città e della sua trasformazione dagli Anni di Piombo a quelli della Milano da bere. Ma il Derby è stato anche qualcos'altro che raccontiamo nel nostro film: un punto di incrocio tra la società civile e la mala milanese; tra gli schiamazzi delle risate e il rumore delle pistole; tra i piatti della tradizione e la droga che in quegli anni inondava Milano e che contribuiva all'adrenalina, al divertimento sfrenato e alle notti senza fine. C'era una volta il Derby club è, quindi, un racconto di passione e ossessione in una città che è cambiata e che, però, al tempo stesso ricorda che quel locale è stato importante se non fondamentale per raccontare e forse perfino definire l'identità di Milano in un'epoca di transizione e di reazione ad una società italiana sotto la pressione del terrorismo e delle profonde trasformazioni imposte dal tempo che passa".

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