
Giulio Repetti Mogol, 88 anni, leggendario paroliere, in ottobre alla Iulm per il master ad honorem in produzione musicale
MILANO – “Cosa mi aspetto dalle Olimpiadi Milano-Cortina? Che sia un evento che abbia un forte impatto su tutto il territorio lombardo, non sia solo Milanocentrico...”, dice Francesca Caruso, laurea in Giurisprudenza, residente a Gallarate, madre di due figli, assessore alla Cultura della Regione Lombardia, una passione politica che coltiva da ragazza (“ma la prima tessera di partito è con Fratelli d’Italia”), volontaria per tanti anni nei centri antiviolenza. Tutti gli sforzi del suo assessorato sono indirizzati verso la data cruciale del 6 febbraio 2026, giorno di avvio dei Giochi.
Si parte, però, da Milano, con una grande cerimonia a San Siro.
“Lei insiste con Milano, ma la Lombardia è fatta di territori diversissimi, dalle periferie delle grandi città ai borghi e alle città montane - con dieci milioni di persone - e spero che le ricadute culturali e sociali di questo evento siano un’eredità duratura. Un modello ce l’abbiamo, è quello sperimentato con Bergamo Brescia capitale della Cultura. Due città che sono state fortemente valorizzate, dove il lascito culturale ha innescato meccanismi virtuosi. Per questo siamo stati fra i primi a lanciare le Olimpiadi della Cultura, sedici i progetti ammessi al finanziamento per un totale di 1,5 milioni di euro. Coinvolgono cinquanta Comuni. Stiamo concludendo l’esame di altri progetti che hanno come luoghi sia le sedi delle gare, quindi Milano, Livigno, Bormio sia i territori collocati sulla direttrice olimpica. Complessivamente abbiamo stanziato 3 milioni di euro. La cultura genera Pil, abbiamo un indotto di 29 milioni di euro, 366mila addetti, undici siti Unesco. Il problema sa qual è? C’è ancora poca consapevolezza dei tesori che abbiamo, soprattutto in alcuni territori”.
Quali?
“Lodi, Sondrio, sono fra quelli che meno partecipano alle nostre misure. Per facilitare l’accesso ai bandi abbiamo creato l’Avviso unico della Cultura: ha funzionato, oltre 700 soggetti hanno presentato domanda, quasi il doppio dell’anno precedente”.
Per cosa vorrebbe essere ricordata come assessore alla Cultura della Lombardia?
“Per la dimensione più inclusiva, meno elitaria, della cultura. Per il welfare culturale. Dal primo giorno del mio insediamento mi sono impegnata in questa direzione. La cultura è l’unico antidoto contro il disagio giovanile che colpisce larghe fasce della nostra popolazione. Credo fortemente in alcune iniziative come il “teatro fuori porta” che porteremo avanti con grandi istituzioni culturali, nostre partecipate, prima fra tutte il Piccolo Teatro, ma anche Scala e Triennale. L’ho detto alla prima riunione: uscire dai palazzi per incontrare il pubblico”.
C’è qualcosa a cui tiene particolarmente?
“Un progetto... anzi due”.
Prego, dica.
“Stiamo lavorando a una residenza musicale con Mogol, per sostenere i giovani talenti in modo nuovo, non ci sono progetti di questo tipo in Italia. Non posso aggiungere altro, per ora”.
E il secondo?
“L’altro è rilanciare la Film Commission. Abbiamo nominato una nuova presidente, Mariagrazia Fanchi, stanziato 3 milioni di euro sulle produzioni, sulla scrittura. Cinque milioni di euro sulle sale di spettacolo. Vogliamo che la Lombardia diventi più attrattiva come sede di produzione cinematografica, anche a livello internazionale, sono almeno dieci anni che non accade! (nel 2007 fu girato “The International” thriller politico interpretato da Naomi Watts e da Clive Owen con la partecipazione dell’attore Luca Barbareschi, ndr)”.
Com’è il rapporto con il suo collega milanese alla Cultura Tommaso Sacchi? E con il ministro Giuli? Bocciature?
“Buono, con Sacchi, i fondi sono pochi per tutti, collaboriamo. Il ministro ha mostrato attenzione alla Lombardia... siamo stati promossi. E ha visitato l’Accademia Carrara a Bergamo. Dal Ministero abbiamo ottenuto 5 milioni di euro per grandi progetti su alcuni siti Unesco”.