L'INIZIATIVA / Parole e pensieri ai tempi del coronavirus: "Pane"

Hanno scritto per noi, tra gli altri, Andrea Bocelli, Giorgio Armani, Giovanni Malagò, Ettore Messina, Elio Franzini e Gianni Canova

Il drammaturgo, regista e attore Massimiliano Finazzer Flory

Il drammaturgo, regista e attore Massimiliano Finazzer Flory

Milano, 16 aprile 2020 - Una parola al giorno per trenta giorni, un mese di riflessioni e pensieri che andranno a costruire una "letteratura del ricordo". È l’invito che Massimiliano Finazzer Flory, regista e attore teatrale, lancia ai lettori in collaborazione con Il Giorno. Il drammaturgo propone una parola di stretta attualità legata al Covid-19, invitando i lettori a scrivere un breve pensiero (600-700 battute) in merito. Le riflessioni, da inviare all’indirizzo mail redazione.internet@ilgiorno.net, saranno pubblicate online e contribuiranno a costruire una memoria collettiva di com’erano la Lombardia e l’Italia ai tempi del coronavirus, accanto ai contributi che di giorno in giorno manderanno alcuni personaggi della cultura e dello spettacolo.

La parola odierna è PANE Fino ad ora hanno scritto per noi:Giorgio Armani, Andrea Bocelli, Salvatore Veca, Ornella Vanoni, Dan Peterson, Antonella Boralevi, Quirino Principe, Gabriele Lavia, Laura Valente, Maria Rita Parsi, Gianni Canova, Gianni Quillico, Silvia Pascale, Stefano Bruno Galli, Edoardo Zanon, Fabio Scotto, Gilda Bojardi, Ico Migliore, Marconcini Alberto, Roberta Pelachin, Rosario Pavia, Ettore Messina, Giovanni Gastel, Edoardo Boncinelli, Giulia Carli, Pino Farinotti, Stefano Boldorini, Alberto Mattioli, Alberto Uva, Alessandra Miorin, Roberto Cacciapaglia, Sabrina Sigon, Angelo Argento, Anna Maria Cisint, Ilaria Guidantoni, Ivano Giulio Parasacco, Lavinia Colonna Preti, Letizia Moratti, Massimo G. Cerutti, Paolo Del Brocco, Pierluigi Biondi, Jacopo Rampini, Roberto Zecchino, Carlo Robiglio, Salvatore Carrubba, Corrado Sforza Fogliani, Giulio Giorello, Lorenzo Maggi, Alessandro Daniele, Alberto Mingardi, Monica Stefinlongo, Cesare Balbo, Elena D'Incerti, Giuseppe Mojana, Giulia Malaspina, Marco Nereo Rotelli, Michela Lucenti, Silvano Petrosino, Alessandra Marzari, Ariane, Deborah Cocco, Filippo Del Corno, Michele, Alessandro Pancotti, Maria Giulia Comolli, Franco Masanti, Alessandro Gabrielli, Girolamo Sirchia, Santo Rullo, Alessandro Daniele, Dori Ghezzi, Katia da Ros, Antonio Francesco Pollice, Maria Pia Ciaccio, Red Canzian, Cristina Veronese, Barbara Dei Rossi, Paolo Coppo, Carolina Labadini Mosti, Spartaco Rizzo, Roberta Usardi, Claudio Formisano, Roberto Rinaldi, Alberto Marconcini, Ilaria Massi, Giuseppe, studente di filosofia all'università Vita-Salute San Raffaele, Cristina Settanni, Cristina Salvador, Carmen, Alex Salmini, Eugenio Astorino Tutoli, Sofia Aloi, Lory, Cristina Barletta, Rosanna Calò, Graziano Camanzi, Raffaella, Miriam Merlo, Clara Canna, Riccardo, Fabrizio Gramigni, Luciano Vacca, Giorgio Piccaia, Elio Franzini

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Oggi una cliente carinissima mi ha portato del pane fatto in casa. L’ho trovato un gesto premuroso, concreto. Gli uomini, abitati da desideri che non sono bisogni, vivono di ricordi, frivolezze, spiritualità, illusioni, paure, sogni, creatività, ma vivono anche di pane.

Cristina Barletta, Roma

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Il pane è vita, il minimo sindacale per andare avanti, simbolo di un nutrimento che va oltre il cibo. La parola ‘compagno’, cum panem, ce lo insegna: nasce in ambito militare, è colui che divide il pane, la nostra quotidianità essenziale e in certe lingue come l’egiziano, vita e pane si dicono nello stesso modo perché, prima e al di là del valore cristiano, il pane dice sostentamento del cuore, famiglia, ritualità, condivisione delle piccole cose importanti, del quale non si può fare a meno. ‘Guadagnarsi il pane’, espressione che esiste anche in francese, è il primo obiettivo del nostro lavoro; è l’assicurazione per il futuro, ‘il pane per la vecchiaia’. Un modo per scrivere la storia dalle focaccine degli Etruschi che servivano da piatto al pane dei Romani che Apicio intravide come l’inizio della fine della cucina, il primo esempio di fast-food; al rito del pane settimanale al forno, all’estrosità delle forme e dei gusti di ieri quando il pane non si faceva più in casa fino al ritorno del piacere di fare il pane in casa e il recupero dei grani antichi di oggi. Corsi e ricorsi della storia nel nome del pane.

Ilaria Guidantoni, giornalista e scrittrice del Mediterraneo

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Luis Sepulveda: “Vorrei che i miei libri avessero il profumo del pane”. 

Pane necessità di cibarsi che oggi predomina su pane libertà di conoscenza ma l’uno e l’altro uniti sono.

No alla demagogia del "panem et circenses" sì al sapere-cibo per la vita materiale e trascendentale.

Sì alla conoscenza per imparare a panificare.

O virus senza volto che viaggi sospeso e penetri con le mani nel corpo singolo in assenza d’equilibrio e di pane e sempre in movimento aleggi nelle città deserte ti incontro a tutte le ore rubi la vita e fai scuola in questa storia surreale e invisibile nella paura  d’accoglienza tutto regoli e disponi di me di noi identificati svelati scopriti verso l’umanità e ti vinceremo con la ricerca e la partenza sarà senza rischio.

Giorgio Piccaia, artista

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L’ultimo trancio tagliato è nel freezer. Porzionato, perché “ragazzi, niente si butta via. Il pane poi…”. La paura irrazionale che sulle tavole arrivino tempi peggiori te l’ha fatto lasciare lì, nel primo cassettino ghiacciato, tra le scorte di un tempo che non è di guerra ma forse sì. E allora sulla tavola compaiono quelli che con definizione chiara (ma orribile come tutte le cose spicce) i siti per le spese online chiamano ‘sostituti del pane’: cracker, focaccine, pancarré, crostini. Certo, con le versioni sostitutive vi sbizzarrite: integrali, ai semi, al riso soffiato, coi ceci liofilizzati, coi piselli, col mais: in pace con la dieta, con la salute, con la coscienza. Poi ripensi al pane semplice: quello del panino col salame (la ‘Posteria’ di fronte alla scuola media: la primissima affermazione di autonomia), quello col burro dei contadini e la marmellata di mirtilli che la mamma in montagna la mattina presto scendeva in paese a comprare perché “niente è buono come le rosette appena sfornate”, quello comprato sulla strada tra la casa e la tua terza elementare: si chiamava michetta e costava così poco che il fornaio da dietro il bancone ti passava come resto una caramella Rossana di cui non hai mai decifrato il sapore. Al pane spezzato invece non pensi se non distrattamente, hai abbandonato la ricerca per capirlo, il dolore lo avvolge di una coltre troppo spessa impastata col dubbio. Non sei più nemmeno capace di provarci. E forse è perché di succedanei, quel pane non ne ammette.

Elena D’Incerti

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Pane anagrammato diventa pena. Pena è castigo: per castigo siamo chiusi nelle nostre case: case-ufficio, case-studio; per castigo non possiamo incontrare familiari e amici e ci inventiamo gli aperi-chat; per castigo, la natura fiorisce più bella che mai, ma noi possiamo godere della sua bellezza solo da lontano. Pena è sofferenza: pena nel vedere solo in video gli studenti che frequentano i miei corsi; pena nel sapere che non c’è più Sepulveda; pena nel non poter più salutare il mio otorino che mi raccontava le sue bravate adolescenziali in compagnia di Arbasino; pena nel non sapere cosa ci aspetta. Ma pena, anagrammato, torna a essere pane, nutrimento del corpo e, per chi crede, dello spirito, fonte di vita e di speranza, indispensabile in questi giorni.

Silvia Zangrandi, docente Università IULM

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Dalla profumata rosetta o calda spaccatina italiana alla baguette francese ed al toast inglese , dal pane injera africano al cornbread americano , fino ai mantou cinesi passando per la pita greca ... la disponibilità del pane dovrebbe essere inserita nella lista delle priorità umane , nel decalogo dei provvedimenti post confinamento , tra i diritti inalienabili dell'uomo . In tutti i paesi questo semplice ed antico nutrimento che , declinato in innumerevoli sfumature culinarie ci porta da sempre il sorriso e l'acquolina , dovrebbe ormai essere offerto , come parte di una cura essenziale gratuita . Certo , il pane è mescolato al concetto di lavoro , "guadagnarsi il pane", ma senza forze non si puo' impastare neppure la farina. Sopratutto il pane è da sempre ovunque simbolo di condivisione , parola meravigliosamente riscoperta e valorizzata da molti e che senza compromessi ci da' a comprendere che è questa la vera ricchezza , da seminare , coltivare , far maturare e della quale nutrirsi quotidianamente! Infatti il pane si esprime anche più profondamente : "non si vive di solo pane" . Si , senza il rispetto reciproco , una giustizia obiettiva , la fratellanza sincera , una libertà onesta ed anche la fede nell'uomo stesso , l'esistenza diventa insensata , il pane una manna che non sazia. Forse finalmente , come suggeriva uno storico film tutto italiano "Pane , amore e fantasia" , alla fine dell'attuale pandemia , poiché è scientifico come l'effetto del lievito essa sparirà , troveremo il modo di riunirci , ricostruirci e riorganizzarci , di reinventare un mondo migliore.

Anna Rosa 

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Quei 300 tipi di pane che l’Italia produceva e che per il 50% era il cibo che rappresentava il Paese. Ma ora gli italiani sono alla fame non riescono a produrre e tanto meno a portare il pane a casa.

Sveva

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Cilindro e bastone

che gran bell’uomo

affusolato come giunco

forse eroe di guerra

sicuro guerriero di pace  

Sotto l’abito di sartoria

ancorato saldo nel cuore

il più potente amuleto

un tozzo di pane raffermo

da cui arringare il mondo  

Testimone di infinite sommosse

sia guardia che ladro

visse l’assalto ai forni

messi a ferro e fuoco

per disperazione degli oppressi  

Richiamato dalla Storia

scalzata da Confusione sovrana

dismise i panni broccati

per celebrare la forza dell’essenziale

spezzando di nuovo il Pane. Stefano Boldorini

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