L'INIZIATIVA / Parole e pensieri ai tempi del coronavirus: "Accoglienza"

Hanno scritto per noi, tra gli altri, Andrea Bocelli, Giorgio Armani, Ornella Vanoni, Ettore Messina, Elio Franzini e Gianni Canova

Il drammaturgo, regista e attore Massimiliano Finazzer Flory

Il drammaturgo, regista e attore Massimiliano Finazzer Flory

Milano, 12 aprile 2020 - Una parola al giorno per trenta giorni, un mese di riflessioni e pensieri che andranno a costruire una "letteratura del ricordo". È l’invito che Massimiliano Finazzer Flory, regista e attore teatrale, lancia ai lettori in collaborazione con Il Giorno. Il drammaturgo propone una parola di stretta attualità legata al Covid-19, invitando i lettori a scrivere un breve pensiero (600-700 battute) in merito. Le riflessioni, da inviare all’indirizzo mail redazione.internet@ilgiorno.net, saranno pubblicate online e contribuiranno a costruire una memoria collettiva di com’erano la Lombardia e l’Italia ai tempi del coronavirus, accanto ai contributi che di giorno in giorno manderanno alcuni personaggi della cultura e dello spettacolo.

La parola odierna è ACCOGLIENZA. Fino ad ora hanno scritto per noi:Giorgio Armani, Andrea Bocelli, Salvatore Veca, Ornella Vanoni, Dan Peterson, Antonella Boralevi, Quirino Principe, Gabriele Lavia, Laura Valente, Maria Rita Parsi, Gianni Canova, Gianni Quillico, Silvia Pascale, Stefano Bruno Galli, Edoardo Zanon, Fabio Scotto, Gilda Bojardi, Ico Migliore, Marconcini Alberto, Roberta Pelachin, Rosario Pavia, Ettore Messina, Giovanni Gastel, Edoardo Boncinelli, Giulia Carli, Pino Farinotti, Stefano Boldorini, Alberto Mattioli, Alberto Uva, Alessandra Miorin, Roberto Cacciapaglia, Sabrina Sigon, Angelo Argento, Anna Maria Cisint, Ilaria Guidantoni, Ivano Giulio Parasacco, Lavinia Colonna Preti, Letizia Moratti, Massimo G. Cerutti, Paolo Del Brocco, Pierluigi Biondi, Jacopo Rampini, Roberto Zecchino, Carlo Robiglio, Salvatore Carrubba, Corrado Sforza Fogliani, Giulio Giorello, Lorenzo Maggi, Alessandro Daniele, Alberto Mingardi, Monica Stefinlongo, Cesare Balbo, Elena D'Incerti, Giuseppe Mojana, Giulia Malaspina, Marco Nereo Rotelli, Michela Lucenti, Silvano Petrosino, Alessandra Marzari, Ariane, Deborah Cocco, Filippo Del Corno, Michele, Alessandro Pancotti, Maria Giulia Comolli, Franco Masanti, Alessandro Gabrielli, Girolamo Sirchia, Santo Rullo, Alessandro Daniele, Dori Ghezzi, Katia da Ros, Antonio Francesco Pollice, Maria Pia Ciaccio, Red Canzian, Cristina Veronese, Barbara Dei Rossi, Paolo Coppo, Carolina Labadini Mosti, Spartaco Rizzo, Roberta Usardi, Claudio Formisano, Roberto Rinaldi, Alberto Marconcini, Ilaria Massi, Giuseppe, studente di filosofia all'università Vita-Salute San Raffaele, Cristina Settanni, Cristina Salvador, Carmen, Alex Salmini, Eugenio Astorino Tutoli, Sofia Aloi, Lory, Cristina Barletta, Rosanna Calò, Graziano Camanzi, Raffaella, Miriam Merlo, Clara Canna, Riccardo, Fabrizio Gramigni, Luciano Vacca, Giorgio Piccaia, Elio Franzini

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Non riesco ad immaginare la vita senza accoglienza. Perché non riesco ad immaginare la vita in solitudine. Peggio ancora sarebbe vivere accogliendo esclusivamente chi risponde a determinate caratteristiche, per esempio riferite al luogo di nascita. Da quando, 300 mila anni fa, è nato l’Homo Sapiens e da quando, 65 mila anni or sono, ha incominciato a muoversi nel mondo, tutti i momenti di crescita umana sono stati dovuti all’accoglienza, mentre le regressioni alla mancata accoglienza. L’agricoltura è sorta 12 mila anni fa grazie a orde umane provenienti da svariati luoghi del pianeta che si sono vicendevolmente accolte nella fertile pianura tra il Tigri e l’Eufrate. Lo sterminio dei Neanderthal è dipeso dalla decisione dei nostri antenati Sapiens di non accoglierli. Pensate a quanto sarebbe bello, costruttivo, direi addirittura inebriante convivere insieme ad un’altra specie umana oggi. Nell’aia della mia casa, vivo in campagna, ho galline, tacchini e oche che convivono. Si fanno una gran bella compagnia. Esiste un trucco per imparare ad accogliere. Non dimenticare mai che nessuno decide dove nascere, quando, in quale famiglia. Ricordarsi che non abbiamo deciso il colore della nostra pelle e neppure le tradizioni e le religioni apprese fin da bambini. Ebbene, dopo non aver deciso tutte queste cose, ma mantenendone coscienza, di sicuro saremo in grado di prenderla noi una decisione: accogliere.

Oscar Farinetti, imprenditore e fondatore della catena Eataly

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Avevo immaginato un tempo in cui a suonare alla porta fossero solo gli spedizionieri di Amazon (nel mio eremo di Sant’Aldo l’Eremita) e avevo anche provato, da marinaio, cosa vuol dire quasi un mese di contatti di soli SMS satellitari. Ci sentiamo con gli amici, i conoscenti e anche con grande frenesia su gruppi di WhatsApp silenti per mesi e adesso trillanti ogni minuto. E certo, ci invitiamo per un rapido Zoom al quale arriviamo in ordine sparso solo per vederci in faccia e sorriderci, senza troppo da dirci di importante.

Sì ma ci manca l’abbraccio dell’amico che suona alla nostra porta inaspettato, con una scusa qualsiasi. E questo accoglierlo a braccia spalancate. Dicono che spalancare le braccia è un gesto universale di benvenuto che origina dalla nostra parte “animale” e da un istinto primitivo (preumano?). Ci sentiamo più sicuri a tenerle incrociate sul petto, ben protetto. Non è ostilità, e neanche distacco, semplicemente la ricerca di protezione, della nostra sicurezza.Sorridiamo, invece, e ci fidiamo di chi spalanca le sue braccia perché nel farlo mostra la parte sua più debole, lo sterno e la gola che altrimenti proteggiamo con lo stesso istinto con cui preserviamo la nostra vita.

Mi sono accorto di quanto mi mancasse l’abbraccio ieri, consegnavo le maschere Decathlon che insieme agli amici dell’UCID e amici di Bergamo abbiamo trasformato in maschere per la respirazione. In giro tutto il giorno a sorridere e far sorridere Primari e Dottori degli ospedali della Lombardia. Incontri di gente straordinaria, che mi racconta in pochi minuti storie straordinarie di questi momenti. Finiscono invariabilmente toccandoci la punta del gomito come cenno di saluto, la più fredda e meno accogliente forma di contatto (però contatto, almeno!), immaginando che quegli occhi strizzati significhino un sorriso dietro la mascherina tirata su.

Le stavo consegnando alla Protezione Civile di un paese brianzolo a una ragazza che mi ha visto con le maschere in mano e …mi ha spalancato le sue braccia! E io in quell’abbraccio sono caduto, scemo e improvvido che sono, come ferro attratto da un gigantesco magnete. Siamo attratti da chi, pur non conoscendoci, ci accoglie aprendosi a noi senza proteggersi. Stupidi animali che siamo talvolta!

L’abbraccio al tempo del Covid è un abbraccio impossibile ma il virus ci lascerà. Con un po' di esercizio sulla nostra abilità ad accogliere potremmo farci trovare in quel momento pronti a spalancare le nostre braccia e, cristianamente, capiti chi capita!

Aldo Fumagalli, Presidente UCID MB

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L’accoglienza rinvia all’immagine di una porta che si apre, di braccia che si allargano e possibilmente si stringono intorno all’ospite, radizionalmente. E’ un cogliere, nel corso della storia, la richiesta di riposo e ristoro, dello straniero, del viaggiatore e poi del pellegrino che fin dalla Grecia ci è raccomandato. Accogliere è il movimento di attesa della vita, della madre che accetta in sé un altro, sconosciuto, per quanto desiderato, fino a deformarsi, a farsi nutrimento; in senso figurato è accettare l’altro o le cose della vita senza subirle, non limitandosi a tollerarle, quanto a riconoscerle. Oggi l’accoglienza è estrema, verso l’ignoto invisibile, portatore di morte e forse, ancora più difficile, verso noi stessi, le nostre paure, fragilità, i nostri lati ridicoli che escono fuori in questo frangente. 

Ilaria Guidantoni, giornalista e scrittrice del Mediterraneo

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Accoglienza non è egoismo individualismo ignoranza chiusura barbarie.

Accoglienza è apertura conoscenza curiosità progresso intelligenza.

L’uomo senza buona accoglienza sarebbe già estinto.

Accoglierò il bene non accoglierò il male.

Cristo ce l’ha insegnato sacrificandoci per noi!

Non rischio la tua accoglienza o virus senza volto che viaggi sospeso e penetri con le mani nel corpo singolo e sempre in movimento aleggi nelle città deserte ti incontro a tutte le ore rubi la vita e fai scuola in questa storia surreale e invisibile nella paura tutto regoli e disponi di me di noi identificati svelati scopriti verso l’umanità non e ti vinceremo con la ricerca.

Giorgio Piccaia

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Io ero quello che tu sei

Tu sei quello che io ero

Io sono dove tu eri

Tu sei dove io ero

 

Dall’infinito ultraterreno

alle costrizioni terrene

La vita ci accoglie

con un primo abbraccio

poi via liberi tutti

un big bang di creature

un brulicante arcobaleno

 

Verso il bisogno

verso la libertà

verso i sogni       

verso l’istinto

verso l’ambizione

Dall’indigenza

dalla guerra

dalla distruzione

dalla disperazione

dall’abbrutimento

 

Il nemico invisibile costrinse

chiunque a cercare riparo

a setacciare nuove speranze

Cosicché l’umanità ebbe chiaro

che chi di non accoglienza ferisce

di non accoglienza perisce.

Stefano Boldorini

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Bussero (Mi)- 12/04/2021 (Un anno dopo)

Mi ricordo un anno fa quando trascorremmo una Pasqua molto diversa dal solito. Chiusi nelle nostre case, senza potersi muovere, senza poter accogliere parenti o amici e poter organizzare quei pranzi conviviali, momenti di relazione ed incontro tra persone, attesi di anno in anno. Un giorno speciale per la comunità cristiana, che lo identifica come quello di passaggio dal buio delle tenebre della morte a quello della luce di una vita eterna. In effetti stavamo vivendo un periodo buio, quello della diffusione di un virus malevolo e sconosciuto, che cercava albergo ed accoglienza nei nostri polmoni, ma per attaccarne e ridurne le capacità respiratorie.

Dato che si presentò come inaspettato nemico della nostra salute e della nostra vita, cercammo di difenderci, combattendolo perché non entrasse in noi, attraverso le malefiche goccioline che lo trasmettevano. Si creò un’alleanza tra scienza, competenza, esperienza, passione, buona volontà per affrontarlo e cercare di sconfiggerlo. I contributi teorici e pratici, di scienziati, medici, infermieri, lavoratori e volontari furono accolti in un patrimonio comune, che consentisse di conoscerlo e quindi poi di affrontarlo con gli strumenti di difesa più opportuni.

Ad un anno di distanza, eccoci nuovamente in prossimità del giorno di Pasqua. Ci prepariamo a festeggiarlo, come giorno di rinascita e di resurrezione dalle tenebre del coronavirus al ritorno alla luce di una vita quasi normale. Torneremo ad apprezzare la bellezza di stare insieme, di poterci accogliere reciprocamente, di parlarsi ed ascoltarsi, nella tranquillità e serenità attesa da tempo.

Roberto Rinaldi, ingegnere in pensione

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"Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio. Bisogna custodire la gente, aver cura di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore"

Sveva Banfi ha riportato una frase di Papa Francesco

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