
Il talentuoso pianista cinese durante una delle sue numerose esibizioni
Milano, 14 dicembre 2024 – Antonio Chen Guang non dimenticherà mai il suo primo incontro con Antonio Mormone, fondatore della Società dei Concerti di Milano. “Da quel momento è cambiata la mia vita, per questo ho aggiunto il suo nome al mio”. Stasera alle 18, per la Società dei Concerti, il pianista cinese - uno dei talenti scoperti da Mormone come Kissin, Sokolov, Beatrice Rana - si esibisce in un concerto a lui dedicato. In programma i “Dodici studi op.10“ di Frederic Chopin e la “Sonata in si minore“ di Franz Liszt. Per ricordare la sua figura la Fondazione Società dei Concerti di Milano ha istituito nel 2020 il Premio Internazionale Antonio Mormone. È in corso la seconda edizione, dedicata al violino, che terminerà nel giugno 2025 con una finale alla Scala.
Antonio Chen Guang, cosa significa per lei tornare nella nostra città?
“Qui ho debuttato, dal 2013 ho un appuntamento annuale con Milano. Ritrovarsi qui, prima di Natale, è come rivedere la mia famiglia”.
Dedica il concerto al suo scopritore.
“Mio mentore e amico. L’ho conosciuto nel 2010, dopo due anni alla Juilliard di New York mi sono trasferito in Italia, lui mi ha seguito ogni giorno. Il suo spirito mi accompagna sempre e spero di trasmetterlo a tutti voi”. Propone musiche romantiche e difficili.
“Gli Studi di Chopin non sono solo studi, semplici esercizi come quelli che si fanno in palestra; sono brani delicati, sensibili, commoventi. C’è un filo conduttore che unisce i dodici pezzi e li rende un’unica composizione, una lunga passeggiata in un giardino magico composto da tanti luoghi diversi con fiori, profumi unici che fanno scaturire nuove emozioni. La “Grande Sonata“ di Liszt contiene tutto in un unico movimento. Non riesco a descriverla sarebbe come raccontare la storia di Faust in pochi secondi. È un viaggio come quello di Faust che inizia con un destino maledetto per il protagonista e l’incontro con Mefistofele e le sue seduzioni. Come Faust dopo grandi sacrifici e determinazione spera alla salvezza”.
C’è un luogo milanese che ama particolarmente?
“Ovviamente la Sala Verdi del Conservatorio. Ho iniziato a suonare il pianoforte molto piccolo perché mio padre l’insegnava; all’età di cinque anni ho deciso di studiarlo seriamente. Papà non mi permetteva di entrare nel suo studio, né di toccare il pianoforte. Nelle rare occasioni in cui riuscivo a intrufolarmi e a premere qualche tasto lui mi diceva: “Questo è un luogo per pianisti e futuri pianisti. Dal momento che non sei né l’uno né l’altro, non puoi stare qui“. È stato uno stimolo giusto e intelligente perché mi ha portato pensare che dovevo assolutamente dimostrare il contrario. Chiedevo continuamente ai miei quando avrei potuto iniziare a studiare per poter finalmente diventare un “futuro pianista“. La sua risposta era sempre la stessa: ero troppo piccolo e mi mancava la disciplina necessaria. Tuttavia, la sua resistenza non faceva che alimentare la mia determinazione. Continuavo a supplicarlo, e con ogni rifiuto, la mia risolutezza diventava sempre più forte. Infine, un giorno accettò di darmi le prime lezioni. Da quel momento è iniziata la mia amicizia con il pianoforte, e non è passato un solo giorno senza che la musica facesse parte della mia vita”.