Quelli che si ritrovano per Beppe Viola: il Derby, l'ippodromo e la Milano da ridere

Al Teatro Franco Parenti la serata dedicata al giornalista, scrittore e autore morto il 17 ottobre dell'82 a soli 42 anni per colpa di un ictus. Da Paolo Jannacci a Claudio Bisio, Diego Abatantuono e Cochi Ponzoni: il ricordo degli amici

Il grande Beppe Viola, giornalista della Rai Tv prematuramente scomparso

Il grande Beppe Viola, giornalista della Rai Tv prematuramente scomparso

Milano - Quelli che... Quelli che si ritrovano per Beppe Viola quarant'anni dopo al "Parenti" un lunedì pomeriggio. Gli amici di allora e di sempre, per il giornalista, scrittore, autore di canzoni e tanto altro, che quel 17 ottobre dell'82 se ne andò senza salutare a soli 42 anni per colpa di un ictus mentre preparava per la Rai il servizio su un'Inter-Napoli come tante. Lui però non era uno come tanti, era un fuoriclasse della penna e dell'ironia se quattro decenni dopo i 500 posti del teatro vanno esauriti in un amen. C'è il suo collega Giorgio Terruzzi che ha allestito la serata, c'è Cochi Ponzoni, uno di casa, che sollecitato dalla figlia di Beppe, Marina, le ricorda quando lui, Renato (Pozzetto) ed Enzo (Jannacci), andarono a prendere lei e le sorelle a scuola con la Rolls Royce di Pozzetto ("Una fila di fidanzati, dopo", ricorda Marina). O quando al Derby, mitico locale che era in pratica la seconda casa di Beppe, Enzo e gli altri, una sera che si esibiva Umberto Bindi – racconta ancora divertito Diego Abatantuono che era giovane ma già della compagnia – al cantautore che stava al pianoforte al momento di un acuto partì via la dentiera finita a terra in un silenzio irreale, prima che Bindi, come nulla fosse, la recuperasse rimettendola al suo posto e ricominciando a cantare. Altri tempi. Tempi in cui Viola poteva intervistare sul tram numero 16 come se fosse normale un giovane idolo come il milanista Gianni Rivera. Tempi in cui, fra l'altro, dopo il lavoro Beppe si fiondava all'ippodromo per giocare ma scegliendo quasi sempre il cavallo sbagliato.

Nei tempi di adesso, uno che con lui era cresciuto fin da bambino ma al "Parenti" non può esserci, il dottor Jannacci, manda però il figlio Paolo, che da piccolo chiamava Viola "zio" e che avvia la serata con una struggente "Vincenzina e la fabbrica" al pianoforte. "Ma hai fatto un'intro lunga il doppio della canzone" lo sfotte Claudio Bisio, che alla fine sale sul palco per una nuova (e in parte inedita) versione di "Quelli che...", grazie ad alcune frasi ritrovate sui taccuini di Beppe e che non erano finite nel testo originale ("Spero che non siano gli scarti", mette le mani avanti Bisio). Per il resto è una veloce (al massimo tre minuti a testa sarebbe la regola) carrellata di pensieri parole aforismi e ricordi di gente che l'ha conosciuto bene. Come Fulvia Serra già direttrice di Linus, che racconta di quando Beppe si presentava in redazione a consegnare il pezzo, o come i giornalisti Gian Giacomo Schiavi ("La sua regola d'oro erano le prime di cinque righe per catturare e le ultime cinque per dissolvere").

E come Marco Pastonesi, che quasi recita a memoria l'unico pezzo scritto in vita sua da Viola sul rugby proprio per il "Giorno", dedicato all'ex capitano della nazionale Marco Bollesan. C'è il suo compagno di banco alla Rai Bruno Pizzul solo con un messaggio audio, e forse è meglio così perché la commozione è troppa. E poi però c'è anche il giornalista scrittore Alessandro Robecchi che ironizza su quelli che ... "noi lo conoscevamo bene" e magari non è vero. E c'è l'ex arbitro di calcio Paolo Casarin,che si ricorda ancora di quando Viola montò un servizio per la Domenica sportiva che partiva sì con le immagini del Milan-Inter che lui aveva appena diretto (e che era stato bruttino davvero) ma  subito dopo Beppe aveva attaccato le immagini del derby dell'anno prima senza nemmeno avvertire. Tanto che la madre (di Casarin) vedendo quel servizio in tivù con l'altro arbitro, pensò che a suo figlio fossero ricresciuti i capelli. Ieri sera c'era Beppe Viola, insomma.  

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