
Beatrice Bulgari
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Una vita passata fra arte e cinema, a firmare in qualità di scenografa e costumista decine di film, da Cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore a Una Pura Formalità con Gerard Depardieu. Sul set di Cinecittà ha conosciuto i più grandi da Roger Vadim a Mastroianni e Tognazzi.
Ora Beatrice Bordoni Bulgari, moglie di Nicola Bulgari, madre di due figlie, con la Fondazione In Between Art Film che presiede è in prima linea nel sostenere giovani artisti nel campo delle immagini in movimento, con produzioni internazionali e una prima mostra istituzionale, Penumbra, presentata a Milano in occasione della Biennale Arte a Venezia.
Come nasce il progetto della Fondazione?
"La Fondazione è nata nel 2019 nel solco della casa di produzioni per promuovere lo scambio tra i diversi linguaggi artistici del nostro tempo e sostenere gli artisti attraverso la commissione dei lavori. Mi preme molto seguire il loro processo creativo, accertarmi che le opere d’arte vengano fruite e conosciute nei luoghi della cultura del nostro Paese. La pandemia, fra mille difficoltà, ci ha aiutato a mettere a fuoco ancor di più gli obiettivi. Mentre eravamo tutti chiusi in casa, la lettura di un articolo su un giornale italiano ha dato lo spunto per il progetto Mascarilla 2019 contro la violenza alle donne. Janis Rafa, fra gli otto artisti, è stata selezionata dalla curatrice Cecilia Alemanni per la Biennale. E adesso la mostra Penumbra".
La video arte è ancora un’arte di nicchia, minore...
"Niente affatto e sta crescendo molto l’attenzione del pubblico nei confronti di questo tipo di linguaggio. Richiede un diverso approccio, anche per il solo fatto che i video durano almeno una ventina di minuti. La video arte ti chiede di seguire il racconto, piccoli film che sono opere d’arte. A Venezia presentiamo 8 nuove installazioni video che affrontano in maniera diversa i temi della contemporaneità. Cito il lavoro dei Masbedo, Pantelleria. Una storia vaga (2022) che si misura con l’eredità storica e mitologica dell’operazione Corkscrew durante la Seconda Guerra Mondiale attraverso un processo partecipativo di riscoperta che coinvolge la comunità dell’omonima isola. Ma anche gli altri autori presentano dei punti di vista interessanti".
Si è appena conclusa Miart e lei ha scelto Milano per presentare il suo progetto. Che rapporto ha con questa città?
"Per chi come me si occupa di arte è impensabile non avere un legame con questa città dinamica, internazionale, dove ci sono poli importantissimi di arte contemporanea come Prada, Hangar Bicocca. Ho avuto la fortuna di lavorare anche con Miart.
E non escludo che una delle prossime sedi itineranti della Fondazione possa essere Milano, così come abbiamo scelto Venezia, per un progetto volto a valorizzare una zona o un quartiere della città. D’altronde anche nella città lagunare abbiamo scelto un luogo defilato ma di grande suggestione, il Complesso dell’Ospedaletto, costruito nel 1517, fuori dalle solite rotte, un complesso dal punto di vista architettonico molto speciale, che ha subito anche diversi cambiamenti nelle destinazioni d’uso. Credo nel nomadismo culturale, portare cultura nei luoghi in cui c’è più necessità".
Una mecenate...cosa la spinge?
"Sono cresciuta a Siracusa, con una madre scrittrice e un padre antiquario, mi sono nutrita di arte sin da piccola, iniziando a dipingere. Poi la passione per il cinema, la scenografia... l’ultimo lavoro l’ho firmato nel 2009, con la Medea al Teatro Greco di Siracusa, realizzando dei costumi dipinti a mano. Impegnarmi per la Fondazione è venuto naturale. Ma non mi sento una mecenate, non mi piace la parola anche la se la missione della Fondazione è sostenere l’arte".
L’ha aiutata essere la signora Bulgari?
"Sicuramente mi ha aiutata incontrare un uomo straordinario come Nicola, un appassionato di storia, di arte contemporanearte, un collezionista".
Quando viene a Milano che luoghi ama frequetare?
"L’hotel Bulgari! Poi mi piace perdermi fra gallerie (Lia Rumma) e mercatini del vintage. Per cercare una camicia di Yves Saint Laurent, o, pure, un capo low cost".