"Sconto” nella richiesta di pena per Antonio Di Fazio, il manager accusato di sei casi di violenza sessuale, tra cui quello della ex moglie per il quale risponde anche di lesioni, stalking e maltrattamenti. Il pg di Milano Laura Gay ha chiesto la condanna a 12 anni di carcere per Di Fazio.
Per l'accusa l'uomo avrebbe agito con uno schema ben preciso: dopo aver carpito la fiducia delle vittime, le drogava con benzodiazepine e, infine, dava sfogo "alle sue perversioni". L'8 aprile scorso in primo grado il gup Anna Magelli, al termine del rito abbreviato, aveva condannato Di Fazio a 15 anni e 6 mesi.
Lo “sconto" nella richiesta di pena di oggi è legato alla continuazione riconosciuta per tutte le violenze sessuali, mentre nella prima condanna il caso che aveva visto vittima una studentessa era stato conteggiato a parte, portando quindi a una pena maggiore. L'uomo, presente in aula, si trova ai domiciliari in una struttura di cura. A prendere la parola in aula le parti civili, mentre la difesa dell'imputato parlerà nell'udienza del 5 giugno prossimo.
In primo grado la condanna maggiore ha riguardato il capo di imputazione legato alla studentessa di 21 anni che, nella primavera del 2021, l'imprenditore farmaceutico aveva attirato nel suo appartamento con la scusa di uno stage e che poi, a dire dell'accusa, ha narcotizzato, violentato e fotografato. Un episodio denunciato immediatamente dalla vittima e da cui la procura, con l'aggiunto Letizia Mannella e il pm Alessia Menegazzo, è partita per ricostruire tutti gli altri reati contestati.
Sono 4 le violenze sessuali riconosciute nei confronti delle ex fidanzate e dimostrate attraverso le foto trovate nel computer dell'imputato, il gup ha anche riconosciuto i maltrattamenti nei confronti della ex moglie (non la violenza), da cui Di Fazio, arrestato il 23 maggio 2021, ha avuto un figlio. L'imprenditore, che deve difendersi dall'accusa di cinque violenze sessuali, era stato definito dal gip Chiara Valori "un moderno Barbablù" compiaciuto delle immagini scattate nel corso di un anno e mezzo,
dalle fine del 2019, che conservava sul suo telefono: 54 scatti di donne seminude, incoscienti, nella sua
disponibilità, "immagini che nessuna spiegazione alternativa possono avere se non quella di documentare
il 'trofeo' da lui conquistato". Prove, che insieme al racconto delle vittime, gli sono costate la prima condanna.