Milano, 26 gennaio 2024 – Sono le 3 del 23 ottobre 2023, siamo in piazzale Istria. Una ragazza con gli abiti bagnati e sporchi di fango chiede aiuto a un passante: "Aiuto, mi hanno violentata".
Scatta la macchina dei soccorsi: la diciannovenne, che chiameremo Marta, denuncia cosa le è successo alla polizia e poi viene accompagnata al centro specializzato della clinica Mangiagalli per essere assistita da medici e psicologi. Parte in quel momento l’indagine della Squadra mobile che tre mesi dopo ha portato all’arresto del presunto stupratore: in manette il venticinquenne Stanislav Bahirov, nato in Ucraina ma cittadino romeno, operaio in Italia da diversi anni e calciatore dilettante che da novembre è tornato a vestire in Serie D la maglia della società Avs Vogherese 1919.
La ricostruzione dell’accusa ci riporta all’una nella periferia nord di Milano. Martina, diciannovenne con un’adolescenza segnata da diverse fragilità psicologiche, è appena uscita di casa dopo aver litigato con i genitori: percorre alcune centinaia di metri e si siede su una panchina del parco intitolato a Wanda Osiris, in via Veglia; con sé ha una bottiglia di vodka. Passano pochi secondi, e uno sconosciuto le si avvicina e chiede se può sedersi con lei per scambiare due chiacchiere. L’uomo le dice di avere 27 anni e di abitare in zona con i genitori: la ragazza lo descriverà agli investigatori come una persona dell’Est Europa, leggermente stempiato, biondo, con una giacca antivento e pantaloni di colore scuro. Lui si mostra gentile e comprensivo, riesce a carpirne la fiducia e ad abbassarne le difese. Poi le propone una scommessa: "5 euro se ti scoli tutta la bottiglia". Martina, già stordita dall’alcol, accetta, ma all’improvviso si ritrova lo sconosciuto addosso: prova a baciarla più volte, lei lo respinge fin quando le forze la sorreggono; poi, quasi senza sensi, viene trascinata nell’area cani, spogliata e brutalmente stuprata. Quando si riprende, sono già trascorsi quarantacinque minuti: l’aggressore è lontano.
L’inchiesta dei poliziotti della sezione specializzata in reati contro le fasce deboli, coordinata dall’aggiunto Letizia Mannella e dal pm Rosaria Stagnaro, inizia dall’analisi dei filmati registrati dalle telecamere di videosorveglianza: alcune immagini ritraggono l’uomo mentre si dirige verso il parco (ore 1.08) e al momento di tornare indietro (ore 2.06). All’1.22 e 56 secondi, poi, l’occhio elettronico della filiale Unicredit di piazzale Istria ha ripreso prima il passaggio di Martina e poi quello dell’uomo: tra i due frame c’è una distanza temporale di appena 15 secondi. Il posto scelto per il raid fa ipotizzare agli inquirenti che l’uomo conosca bene il quartiere in cui si è mosso quella notte e genera quindi il sospetto che a colpire sia stata una persona che frequenta abitualmente la zona. Così i segugi di via Fatebenefratelli, guidati dal dirigente Marco Calì e dal funzionario Stefano Veronese, cominciano a battere giorno dopo giorno quelle strade, convinti di reincontrarlo. Succede la sera del 20 novembre. Gli agenti lo notano alle 0.50 in via Latisana: sta parlando al telefono con qualcuno, poi entra nel parco Osiris. A quel punto, scatta un controllo apparentemente casuale: lui mostra una carta d’identità italiana che riporta le generalità di Stanislav Bahirov e dice di vivere in viale Testi con alcuni familiari (risulta avere una compagna e due figli). Cosa ci fa da quelle parti? Dice di aver avuto problemi con un’auto del car sharing: "L’ho parcheggiata, ma non riesco a chiuderla".
A quel punto , gli investigatori inviano una mail alla società Share Now e scoprono che anche il 23 ottobre l’uomo ha noleggiato una C3 con lo stesso account: l’ha presa alle 0.18 in via Veglia (la stessa dell’area verde dov’è avvenuta la violenza) e l’ha posteggiata definitivamente nella stessa strada 35 minuti dopo. È la prova che Bahirov era lì, poco prima che l’aggressore senza nome incontrasse Martina. Il 29 novembre, la diciannovenne ne riconosce il volto tra le foto che le vengono mostrate dalla polizia: "È lui". Per il gip Alberto Carboni, le modalità d’azione "sono indicative di totale assenza di freni inibitori e di particolare determinazione a delinquere". Di più: il fatto che sia stato trovato un mese dopo nello stesso luogo "desta sicuramente allarme in quanto l’uomo si trovava, ancora una volta, in orario notturno, solo e senza apparente ragione in prossimità di un parco: è quindi ben possibile che egli stesse portando avanti un’attività di “monitoraggio” di quella zona in cerca di nuove occasioni per perpetrare ulteriori condotte violente".