
CORAGGIO Vincenzo Venuto a due passi dai coccodrilli durante una delle sue trasmissioni “in presa diretta”
Milano, 30 luglio 2017 - «Missione natura» in versione milanese: Vincenzo Venuto, biologo e conduttore televisivo, ha iniziato qui la sua esplorazione e a Città Studi ha scoperto la sua strada: studiare gli animali. Milanese di nascita, è approdato in tivù dove è stato anche conduttore, autore e consulente scientifico di “Missione Natura”, in onda su LA7, e di “Alive - Storie di sopravvissuti” per Rete 4. Ora è al lavoro su un programma sperimentale e si racconta quotidianamente sul blog «Ho la natura nel sangue». Scoprire la natura in città, sembra quasi un paradosso. «Ma Milano, con i suoi dintorni, è più abitata di quello che si pensi. A parte gli animali esotici, viale Ripamonti, col suo viale alberato, è stato per anni dormitorio per il gufo comune, che poi partiva da lì per andare a caccia nella pianura pavese. Le volpi ci sono sempre state e alcune colonie di pipistrelli, che non si vedevano da non so quanto nel Nord Italia, sono state trovate in una soffitta in zona Navigli. La natura milanese è più complicata di quanto si immagini».
Quando è nata questa passione?
«Mi accompagna da sempre, sin da piccino. L’ho scoperta in città e nella periferia coltivata, a casa dei miei nonni in Friuli ho scoperto la montagna. Così, quando ho dovuto scegliere l’università, mi sono iscritto a Biologia e Scienze naturalistiche e ambientali».
I suoi rifugi a Milano?
«Il mio luogo del cuore è il Museo di Storia naturale, lì mi rifugiavo sempre quando ero piccolino. A quei tempi c’era ancora lo zoo, e la giraffa, che mi leccava la testa. Era una realtà un po’ triste, piccolina, e non era il massimo, ma c’è nei miei ricordi ormai datati».
La passione è diventata studio e ha portato lontano.
«Sì, anche se mi sono sempre infilato in un cul-de-sac, come si dice. Da appassionato di natura avrei potuto scegliere mille possibilità e non solo ho scelto zoologia, e già si stringeva il ‘sac’, ma sono diventato etologo, per studiare i comportamento degli animali, e ho scelto i pappagalli. Andavo avanti per passioni con il dottorato, ma continuavo a chiedermi dove mi stesse portando questa cosa. Mi piaceva insegnare, raccontare la natura e gli animali, ho fatto esperienza in Africa. L’idea era di continuare il percorso accademico, ma è molto complicato in Italia. Quando mi è stata offerta la possibilità di lavorare in tivù l’ho colta al volo. Ho cambiato audience: raccontavo le stesse cose non agli studenti ma davanti alla telecamera».
Quando ha incontrato la tivù la prima volta?
«Tutta colpa di un pappagallo. Gli ho insegnato la musica, era un esperimento di cognizione e comunicazione. Mi ha intervistato una giornalista. Era appena nata una piccola televisione, era il canale della “Macchina del Tempo” e c’era un magazine scientifico. Quando la troupe venne a intervistarmi feci amicizia col produttore, che mi chiese: ‘Mi racconti i tuoi studi davanti alla telecamera?’ Parlai dei pappagalli che si innamorano, dei loro meravigliosi duetti. Sono diventato consulente scientifico, poi redattore in una tivù satellitare dove in realtà dovevi fare tutto: regista, montatore, giornalista, uscire con la troupe. Gli studi erano a Sesto. Poi sono arrivati Sky, Rete 4 e La7 con ‘Missione Natura’ dove rischiavi la vita, ma lo rifarei anche ora».
I suoi animali milanesi?
«Due cani, di cui vado molto orgoglioso: Penny e Vera».
Niente pappagalli?
«Li amo troppo per vederli in gabbia».
Il lato selvaggio di Milano?
«Probabilmente lo si vede alle tre di notte in qualche discoteca, cosa di cui non ho mai saputo nulla».
Come sopravvivere qui?
«Quando rientravo dopo essere stato via un mese era dura. Il passaggio fra il ‘wild’ e la mia Milano è stato sempre traumatico. Ho vissuto con i pigmei, è stata un’esperienza pazzesca: sono andato a caccia con loro, fuori dal tempo. Per arrivarci siamo quasi caduti con l’aereo, ho attraversato una foresta immensa. Quando tornavo a casa mi sentivo fuori dal mondo».
Però ha scelto di restare qui.
«C’è la mia famiglia, ci sono i miei ragazzi. Ho sempre cercato di non togliere spazio a loro. Milano ha la sua forza, è super viva. Mi piace andare in giro, sentirla internazionale. È diversa da Roma, qui senti qualcosa in più. È piena di cose da fare, da vivere, è rinata da qualche anno. Con tutti i problemi delle grandi città si è aperta al mondo».
Si rimbocca le maniche, per citare un altro suo lavoro…
«Sì, questo impegno e questa voglia di fare hanno fatto sempre parte dell’anima della città, è questa la cosa che amo di più».