
L’intervento della polizia dopo il raid contro l’opera di Maurizio Cattelan
Milano – Tutti prosciolti gli attivisti del movimento ambientalista “Ultima Generazione” che nel gennaio del 2023 lanciarono della vernice lavabile contro l’opera “Love” di Maurizio Cattelan, conosciuta anche come “il Dito” di piazza Affari. Un’azione per la quale tre ragazzi erano finiti a processo con l’accusa di “imbrattamento di beni culturali”, un reato che la giudice Maria Teresa Guadagnino ha riqualificato nel più lieve “deturpamento di beni mobili”. Anche da qui, la sentenza di “non doversi procedere” emessa, in realtà, principalmente per difetto di querela: il Comune di Milano non ne ha mai presentata una.
Tra i testimoni sentiti in aula nel corso del processo, anche il rettore dell’Università per Stranieri di Siena, Tomaso Montanari che, in qualità di consulente difensivo, aveva spiegato come non vi fosse stato “nessun danno all’opera”. Un’opera che, tra l’altro, nasce per essere “interattiva nella storia dell’arte”, portando quindi il suo “effetto sul pubblico a patto che il pubblico non sia passivo, ma interagisca con l’opera”. Questo aspetto è stato nuovamente ribadito dal legale Pagani, il quale ha anche ricordato le dichiarazioni dello stesso Maurizio Cattelan per il quale il gesto degli attivisti non ha rappresentato in alcun modo un’offesa.
Gli attivisti hanno avuto accesso a un percorso di giustizia riparativa intrapreso in accordo con il Comune, che si era costituito parte civile chiedendo il risarcimento delle spese di pulizia. “Un’importante opportunità di dialogo - hanno scritto gli attivisti in una nota - e di comprensione reciproca”. Gli incontri prosegue la note: “hanno avuto un valore significativo, poiché hanno permesso di superare stereotipi e pregiudizi, creando uno spazio di confronto autentico. Grazie alla mediazione, abbiamo avuto modo di spiegare le nostre motivazioni, il perché del nostro attivismo, e a chi erano rivolte le nostre azioni”.
Un primo passo, per i tre giovani, che ha posto le basi per “un’apertura al dialogo, permettendoci di essere visti non solo come attivisti, ma come individui con ragioni profonde e legittime preoccupazioni per la crisi climatica. Uno dei risultati concreti di questo processo è stata la decisione condivisa - hanno concluso - di organizzare un evento pubblico incentrato non sul reato in sé, ma sulle vere vittime della crisi climatica”. La stessa Procura aveva chiesto l’assoluzione per tutti e tre gli imputati per la particolare tenuità del fatto, mentre i difensori dei giovani chiedevano che venissero assolti con la formula “perché il fatto non costituisce reato”.