di Nicola Palma
È "il più difficile da comprendere per il pubblico, sia per la sua componente di non-senso surrealista, sia per la sua complessa iconografia a sfondo archeologico". È tra le opere più "enigmatiche" del padre della pittura metafisica, come "comprovato" da un passaggio del libro Ebdomero in cui l’autore "racconta il mondo di questo fantastico personaggio". Ed è un capolavoro italianissimo, anche se eseguito in Francia. Con queste motivazioni, il Tar della Lombardia ha ratificato la decisione dell’Ufficio esportazione della Sovrintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio della Città metropolitana di Milano, che un anno e mezzo fa ha negato alla proprietaria di "Costruttori di trofei", dipinto datato 1928 di Giorgio De Chirico, l’attestato di libera circolazione richiesto per l’uscita definitiva dal territorio nazionale e ha contestualmente avviato il procedimento di "dichiarazione di interesse culturale".
La battaglia legale è iniziata il 20 maggio 2020, quando A.L.G. si è rivolta al Ministero per i Beni e le attività culturali per ribaltare la decisione presa due mesi prima a livello locale. In particolare, i legali della donna, evidentemente intenzionata a ottenere il certificato necessario per svincolare il quadro e piazzarlo al di fuori dei confini dell’Unione europea, hanno puntato "sull’assenza di rarità dell’opera, sia dal punto di vista quantitativo" – sostenendo che i tecnici avevano "erroneamente" omesso di "considerare la presenza di altri 20 dipinti" di De Chirico sullo stesso tema" – sia dal punto di vista "qualitativo", sottolineando che proprio le "espressioni usate" dall’Ufficio di esportazione "sugli accostamenti cromatici “inusuali”, la prospettiva “sbagliata” e “straniante” e il taglio ”originalissimo” avrebbero rivelato come l’opera "non rispecchi lo stile che ha reso" De Chirico "noto e apprezzato dalla critica".
Il Mibac ha rigettato il ricorso gerarchico l’11 dicembre 2020, ma nel frattempo la donna si era già rivolta al Tar del Lazio. Con due distinte ordinanze emesse tra il 5 e il 19 maggio, i giudici amministrativi romani si sono però dichiarati "incompetenti per territorio", passando la palla ai colleghi milanesi. Che ieri hanno decretato che il Ministero ha agito in maniera corretta, rispettando i dettami del Codice dei beni culturali. Le istanze della proprietaria sono state ritenute in parte inammissibili in parte infondate, partendo da un presupposto: il giudizio sull’interesse culturale di un’opera è "connotato da un’ampia discrezionalità tecnico-valutativa, poiché implica l’applicazione di cognizioni tecnico-scientifiche specialistiche proprie di settori scientifici disciplinati (della storia, dell’arte e dell’architettura) caratterizzati da ampi margini di opinabilità". Detto altrimenti: l’operato dell’Ufficio esportazione "è sindacabile, in sede giudiziale, esclusivamente sotto i profili della logicità, coerenza e completezza della valutazione". Fatta questa doverosa premessa, la scelta degli esperti del Mibac è stata reputata ineccepibile sotto il profilo della procedura, completata dopo aver approfondito tutti i parametri richiesti: qualità artistica dell’opera sotto esame; rarità; rilevanza; appartenenza "a un complesso eo contesto storico, artistico, archeologico, monumentale"; testimonianza particolarmente significativa per la storia del collezionismo e di "relazioni significative tra diverse aree culturali". A tal proposito, il collegio presieduto da Ugo Di Benedetto non ha riscontrato "alcun errore nella valutazione della rilevanza della rappresentazione".
Bocciata pure l’ultima censura, incentrata sulla presunta origine estera del quadro: per i giudici, l’opera è stata sì eseguita a Parigi nel 1928 (lì dove De Chirico si era trasferito con la moglie Raissa Calza), ma è stata realizzata da "un artista greco naturalizzato italiano, la cui attività fondamentale è principalmente italiana, come italiana è la genesi della nuova poetica figurativa Metafisica", di cui il genio, nato a Volo in Tessaglia nel 1888 e morto a Roma nel 1978, "è stato il padre fondatore a Firenze, a partire dal 1910". Conclusione: il posto dei "Costruttori di trofei" è qui.