Susanna
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Il 25 maggio è in calendario la Giornata Mondiale dell’Enuresi, cioè l’emissione involontaria di urina nel sonno, il cui obiettivo è la promozione del dialogo con i professionisti della salute per indagare le cause di tale disturbo (familiarità, ridotta produzione dell’ormone antidiuretico, difficoltà di controllo della vescica, concause psicologiche) e cercare così le soluzioni. L’enuresi è tra le condizioni cliniche più frequenti in età pediatrica, con una prevalenza del 10-20% nei bambini di 5 anni, del 5-10% in quelli di 10 anni e del 3% nei ragazzi tra i 15 e i 20 anni. Inoltre, a differenza di quanto normalmente si crede, i dati della Società Italiana di Pediatria sottolineano che l’enuresi non scompare con l’adolescenza, ma è ancora presente nello 0,5-1% dei pazienti adulti. L’incidenza è maggiore nei maschi rispetto alle femmine, con rapporto 2:1. "L’enuresi è una condizione stressante e limitante per il bambino e la sua famiglia - spiega il professor Pietro Ferrara, responsabile Unità Operativa di Pediatria e professore associato Pediatria generale e specialistica all’Università Campus Bio-Medico di Roma - in grado di determinare effetti negativi profondi su benessere, autostima, comportamento, sulle interazioni sociali e sulla sfera emotiva. La causa principale di questo disturbo non è da ricercarsi in generici motivi psicologici ma, al contrario, è proprio la condizione di enuretico che può comportare, se protratta nel tempo, problematiche di tipo psico-emotivo. La difficoltosa capacità di risveglio in risposta al senso di ripienezza vescicale, con conseguente sonno frammentato, determina inoltre una minore concentrazione diurna, che impatta sulle performance scolastiche". "Il compito del pediatra - aggiunge il prof. Ferrara - è proprio quello di avvicinarsi non all’enuresi, ma al bambino enuretico, cercando di dissipare i suoi dubbi, le sue perplessità dando, per quanto possibile, certezze e facendo comprendere alle famiglie che il bambino va supportato, compreso e aiutato e, soprattutto, che non va colpevolizzato e rimproverato. Ancora oggi molti pazienti enuretici non ricevono un inquadramento diagnostico e un trattamento adeguato a causa di un atteggiamento attendista dei medici e dei genitori, che considerano il sintomo irrilevante e di sicura risoluzione nel tempo".