
di Monica Autunno
Turni massacranti fra fragole e frutti di bosco, 4,50 euro l’ora di paga, controllo e pressioni, assenza di dispositivi di protezione e di piani di sicurezza, misure igienico sanitarie deficitarie. Caporalato. Non nel profondo Sud, ma nel cuore del Parco Sud Milano. Ed è un ciclone quello che ha travolto StraBerry, la startup della fragola oggi azienda modello del valore di 7,5 milioni di euro, portabandiera a Cassina del ritorno alla terra, della green economy e della sostenibilità. Al centro da più di tre mesi di una delicata indagine condotta dalla Guardia di Finanza di Gorgonzola, l’azienda è stata sequestrata dalle Fiamme Gialle del Comando provinciale di Milano. Il decreto era stato emesso nei giorni scorsi dalla Procura ed è stato convalidato dal giudice. "Sistematico sfruttamento illecito della manovalanza agricola" ai danni di 80100 extracomunitari che, molti in arrivo da centri d’accoglienza, lavoravano alla raccolta della frutta. La denuncia per intermediazione illecita e sfruttamento della manodopera è scattata ai danni di 7 persone: i due amministratori dell’azienda, due sorveglianti, due impiegati e il consulente deputato alle buste paga. Non è tutto. La Procura ha disposto il sequestro di tutti i beni della società, ovvero 53 immobili, tra terreni e fabbricati, 25 veicoli strumentali e 3 conti correnti. Tutto passa nelle mani di un amministratore giudiziario per garantire la continuità aziendale. La notizia suscita sdegno e dibattito. Non si nega a un commento il sindaco Elisa Balconi. "Non è per noi un fulmine a cielo sereno. La polizia locale stava a sua volta monitorando. Situazioni come questa sono aberranti". Indagine delicata durata mesi e condotta dagli uomini del comandante di Gorgonzola Giacomo Cucurachi, precisano gli inquirenti, "con totale scrupolo e con elementi di riscontro incontrovertibili".
La nota finale non fa sconti. Anomalie "nelle assunzioni e nelle retribuzioni dei dipendenti dell’azienda, gravi violazioni delle norme che regolano l’impiego dei braccianti agricoli". Orari e paga da fame e "degradanti condizioni d’impiego nei campi: i braccianti erano costretti a sforzi fisici oltremodo gravosi, tesi a velocizzare la raccolta dei frutti e in spregio alle norme anti-Covid". Peggio. "Approfittando delle condizioni di bisogno dei dipendenti, mediante la minaccia di sospensioni o licenziamenti, i titolari dell’azienda riuscivano a ridurre il costo della manodopera e massimizzare i guadagni". Nel corso del blitz sono stati contestati inoltre il “deposito precario” di diserbanti e fitofarmaci e lo stoccaggio in pieno sole di 27mila barattoli di marmellata.