Torture al Beccaria, gli agenti: “Picchiavamo perché abbandonati a noi stessi dai superiori”

Ascoltati dal gip sei dei poliziotti indagati. Cinque di loro hanno tirato in ballo le gerarchie: “Lasciati senza aiuto, non siamo stati capaci di gestire le situazioni”. Entro venerdì la chiusura del giro di interrogatori

Milano, 23 aprile 2024 – Giovani detenuti pestati e torturati nel carcere Beccaria, gli arrestati tirano in ballo i superiori. È accaduto negli interrogatori a cinque dei sei agenti sentiti oggi nel primo giro di colloqui di garanzia da Stefania Donadeo, gip del tribunale di Milano, che entro venerdì ascolterà tutti i tredici poliziotti della Penitenziaria indagati.

L'ingresso del carcere Beccaria (Fasani)
L'ingresso del carcere Beccaria (Fasani)

Le dichiarazioni degli arrestati

Gli accusati che hanno deciso di parlare – uno si è avvalso della facoltà di non rispondere – hanno detto essersi sentiti “abbandonati a loro stessi”, perché “senza controlli gerarchici e anche aiuto da parte della struttura”. Una condizione che li avrebbe resi “incapaci di gestire le situazioni". Per questo – almeno a sentire le loro dichiarazioni – capitava, in sostanza, che reagissero con violenza nei confronti dei detenuti minorenni.

Questi primi interrogati sono tutti giovani tra i 25 e i 35 anni, in gran parte di prima nomina. Fanno parte del gruppo di tredici elementi arrestati nell’inchiesta su maltrattamenti e torture nel carcere minorile Beccaria di Milano. Gli agenti sono stati portati in carcere a Bollate. I pestaggi e le vessazioni di cui sono accusati sarebbero stati commessi tra l’autunno del 2022 e lo scorso marzo.

Le convinzioni dei pm

L’allargamento delle presunte responsabilità – quanto meno morali – alle gerarchie sarebbe avvalorato anche dai pm titolari del fascicolo, nelle richieste di custodia cautelare consegnate al gip. Il comportamento degli agenti torturatori, si legge nell’istanza, “ha avuto il suo principale fondamento nel contributo concorsuale omissivo e doloso di una serie di figure apicali, con posizione di garanzia effettiva nei confronti dei detenuti".

Fra questi l’ex comandante della polizia penitenziaria Francesco Ferone, ieri sospeso, che avrebbe “consapevolmente agevolato e rafforzato le determinazioni criminose dei suoi sottoposti”.

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