
Filippo Di Biagio, con mamma Luisa, mostra orgoglioso il suo primo libro di racconti
Magenta (Milano) 30 aprile 2018 - FIilippo Di Biagio ha solo 9 anni ed è l’autore di «Teste di zucca», un volume di racconti horror per ragazzi recentemente approdato in libreria che rielabora esperienze di vita, spesso difficile, realmente vissute dall’autore, che è stato vittima di episodi di bullismo, ma anche di razzismo. Vive nella frazione di Pontevecchio di Magenta, a due passi da Milano, da circa tre anni, dopo aver vissuto in Svezia e a Londra. È autistico e dislessico e, grazie all’aiuto costante di esperti, è cresciuto imparando a percepire ogni diversità come ricchezza. Il libro è stato scritto con l’aiuto della mamma, Luisa, che si è limitata a riportare i suoi racconti. La prima di queste fiabe horror, «Teste di zucca», dà il titolo al volume. L’incipit è un classico, la zucca di molti coetanei, troppo spesso vuota: «C’erano una volta, in un paesino immerso nella nebbia, due spaventapasseri che invece della testa di paglia avevano una zucca, proprio come la zucca di Halloween...».
Chi è Filippo e perché ha deciso di scrivere un libro?
«Filippo è mio figlio, è un bambino di nove anni ed è dislessico e autistico. È un bambino che, nella sua breve vita ha già vissuto sulla sua pelle tante, brutte, storie di emarginazione, bullismo e razzismo. Soprattutto a Londra, dove abbiamo vissuto per alcuni anni. Lo abbiamo seguito, io come mamma, con l’aiuto di tanti esperti. Filippo ha mostrato una grande passione per la musica e i racconti: è vero, ha soltanto nove anni, ma il bagaglio di esperienza che ha maturato è molto vasto. A cominciare dal fatto che a soli tre anni era con me a vivere in Svezia e poi a Londra, per poi ritornare in Italia tre anni fa».
Ha parlato di «brutte esperienze» con coetanei nel mondo scolastico, cosa intende?
«A volte Filippo percepiva certe cose come semplici incidenti e si dava quasi la colpa per quello che era successo: per questo spesso non le raccontava, dovevamo essere noi familiari a capirlo. Spesso però era vittima di veri e propri atti di violenza che hanno influito enormemente su di lui: è accaduto, per fare un esempio, che altri bambini lo invitassero a giocare a girotondo per il solo gusto di scaraventarlo a terra. Altre volte gli facevano lo sgambetto e poi lo picchiavano senza alcun motivo. Si accorgevano che era debole e per questo diventava il bersaglio della violenza di tanti coetanei. Ma esperienze negative le abbiamo avute anche con alcune insegnanti: è successo, per fare un esempio, che una maestra abbia urlato davanti a lui che “non avrebbe mai voluto avere in classe bambini con problemi”».
Quando ha iniziato a scrivere il libro?
«Due anni fa. Io interpretavo i suoi racconti scritti in “dislessichese”, come mi piace definirlo. Ma, tengo a precisare, tutti i ventidue racconti che lo compongono sono farina del suo sacco».
Che genere ha adottato Filippo?
«L’horror. Ma niente di drammatico, ovviamente: sono tutti racconti che riguardano esperienze della sua vita ma conditi, sempre, con tutta la fantasia che un bambino autistico sa mettere in campo: è capace di sorprendere ma anche di far riflettere. Racconta un mondo popolato di mostri, e la parola “mostro” ricorre spesso nei suoi racconti e assume sempre connotazioni diverse».
Perché un bambino di sette anni scrive racconti dell’orrore?
«Quando aveva tre anni, come accade a molti bambini autistici, ha manifestato paura per le maschere di mostri. Ho colto l’occasione per iniziare concretamente un percorso di educazione emotiva, strutturato e adeguato su misura per lui. In pratica attraverso la conoscenza dei mostri - per esempio i lupi mannari o Frankenstein - ha imparato a conoscere le persone, e imparava a conoscere se stesso. A Londra era lo spettatore più giovane ad assistere alle repliche de “Il fantasma dell’opera”».
Filippo da grande farà lo scrittore?
«Sì, il suo sogno è quello, diventare come i suoi idoli che sono R.L. Stine e Stephen King: ama raccogliere idee nella sua stanza e rielaborarle in un racconto».
Quale messaggio volete lanciare con “Teste di Zucca”?
«Comunque sia, un messaggio positivo. Questo libro testimonia che una buona accoglienza delle diversità porta a un buon risultato. E testimonia che i bambini autistici sono ricchi di fantasia. Filippo ne è un esempio».