Tangenti all’Atm, Mister appalti non molla i soci

Interrogatorio dal carcere per il manager Bellini. Qualche ammissione, ma ancora nessun nome

Un cantiere

Un cantiere

Milano, 26 giugno 2020 - Ammette quello che proprio non può negare, ma per il momento non allarga il gioco tirando in ballo altri complici. Paolo Bellini, il dirigente (ora sospeso) dell’Atm arrestato due giorni fa per corruzione, ieri è stato interrogato dal gip Lorenza Pasquinelli nell’inchiesta sul giro di mazzette per i lavori nella metrò milanese. Bellini, difeso dall’avvocato Massimiliano Leonetti ("Posso solo dire che ha risposto"), è stato sentito per circa tre ore collegato dal carcere in videoconferenza, anche alla presenza del pm Giovanni Polizzi dal suo ufficio, così come il gip, per le misure anti virus. Il manager dell’Azienda trasporti milanesi (che è parte lesa) avrebbe di fatto ammesso le accuse a lui contestate, difficili da negare vista la mole di prove accumulate - documenti, telefonate intercettate, pedinamenti - accumulate nei suoi confronti dagli investigatori del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf. Bellini è in cella per associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e alla turbativa d’asta, perché stando al pm Polizzi avrebbe truccato almeno otto gare pubbliche di Atm - appalti per oltre 150 milioni di euro - in cambio di mazzette e lavori in subappalto per imprese di cui era socio occulto.

Indagate anche diverse società, tra cui colossi come Siemens Mobility e Alstom Ferroviaria, che avrebbero vinto alcuni appalti grazie alle informazioni fornite da Bellini. E tra gli altri interrogatori condotti ieri, anche quello di un manager della Alstom, cui Bellini avrebbe offerto i propri servizi sotto forma di informazioni utili per vincere l’appalto più grosso, quello da 127 milioni per il nuovo sistema di segnalamento per la M2, gara a cui alla fine Alstom però non partecippò. Ieri, comunque, il suo dirigente ha negato tutto. Diversa, ma solo in parte, la linea difensiva scelta dall’altro dipendente Atm finito in carcere, un po’ il braccio destro di Bellini Stefano Crippa, che però ha per lo più respinto le accuse salvo piccole ammissioni. Chi invece avrebbe in pratica confessato è Piergiorgio Colombo della GIlc srl, una delle imprese favorite dal manager corrotto, l’altro protagonista del dialogo in cui Bellini incitava a falsificare la fascetta di un cavo elettrico che non era quello richiesto da Atm, ma la cui posa - diceva - sarebbe "sicuramente passata inosservata" salvo un incidente: "Un incendio, un cortocircuito ... per arrivare a quello deve bruciare la galleria". 

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