
La porta dell’abitazione imbrattata con due svastiche e le scritte “Ebree basta” e “Muor” poco dopo le 8.30 di martedì in uno stabile in zona Forze Armate; a sinistra l’avvocato della famiglia Stefano Benvenuto
MILANO – Chiuse in casa, paralizzate dalla paura. “L’autore non ha fatto un gesto a caso, ma ha programmato l’entrata nel condominio, sapeva bene dove trovare queste due donne. Un gesto che preoccupa l’intera comunità ebraica”. L’avvocato Stefano Benvenuto parla a nome delle sue assistite, madre e figlia di religione ebraica vittime di un raid antisemita un paio di giorni fa: martedì mattina hanno trovato due svastiche tracciate con un pennarello nero e le scritte “Ebree basta” e “Muor” sulla porta di casa, in uno stabile in zona Forze Armate.
“Sono atti intimidatori certamente gravissimi – commenta il legale –. È un gesto che preoccupa, in quanto da un ambito pubblico si è passati addirittura a un’invasione privata dell’ambito familiare, quindi certamente è una cosa che desta assoluta attenzione, anche da parte degli inquirenti che ringrazio: la Digos è tempestivamente intervenuta per dare sostegno e aiuto alle persone coinvolte”. L’avvocato aggiunge di essere stato chiamato subito dalle due donne, che vivono sole, non appena si sono accorte delle scritte, e di aver poi dialogato anche con esponenti della comunità ebraica.
Ieri mattina gli investigatori di via Fatebenefratelli hanno inoltrato un’informativa preliminare in Procura, in vista dell’apertura di un fascicolo con le ipotesi di reato di danneggiamento e propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica o religiosa. Le indagini degli agenti coordinati dal dirigente Antonio Marotta sono partite proprio dalla denuncia delle due donne, che potrebbe fornire spunti interessanti per risalire all’autore del raid.
L’inchiesta si muove con cautela e punta a scandagliare con attenzione ogni pista possibile, anche se le modalità del blitz fanno pensare a qualcuno che è informato sulle abitudini delle persone che ha preso di mira. A qualcuno che poteva accorgersi subito che una delle inquiline, la più giovane, era uscita alle 8.30 per andare a fare la spesa. A qualcuno che sa che l’edificio non è presidiato da un impianto interno di videosorveglianza. A qualcuno, insomma, che conosce le vittime o che abita nel palazzo in zona Forze Armate a Milano (o nelle immediate vicinanze) e che è perfettamente consapevole che nell’appartamento al piano rialzato ci vivono da anni madre e figlia di religione ebraica. Un’ipotesi che, se verificata, farebbe somigliare sinistramente l’episodio di martedì a quello andato in scena il primo novembre 2023 in un condominio della prima periferia est: in quel caso finì nel mirino una professoressa, che si ritrovò sul muro di fianco all’ingresso di casa una stella di David con il numero dell’interno del suo appartamento. Una marchiatura che ci riporta indietro a tempi drammatici.
Intanto la Prefettura ha già inserito lo stabile in cui risiedono le due donne – ancora comprensibilmente “sotto choc” per l’accaduto – nell’elenco dei luoghi da monitorare con la vigilanza generica radiocollegata (vgr), la forma più blanda di protezione che si attiva in caso di minacce o intimidazioni con un bersaglio preciso. In base all’alternanza delle forze di polizia prevista dal piano coordinato di controllo del territorio, le pattuglie dell’Ufficio prevenzione generale della Questura e del Nucleo Radiomobile del Comando provinciale dei carabinieri passeranno con più frequenza in quella strada del quadrante ovest della città per verificare che non ci siano presenze sospette nei pressi dell’indirizzo segnato sulla mappa.