NICOLA PALMA
Cronaca

Liceale stuprata dopo la discoteca, dalla Lancia Y al tampone salivare: così è stato preso l’aggressore

L’incontro al Tocqueville e la proposta di andare a fumare insieme. Il "no" della vittima e la bugia a un buttafuori: "Sono il fidanzato". Poi il raid in via Tazzoli: "Per un’ora". Così la Mobile l’ha incastrato

Una discoteca

Una discoteca

Milano – Ore 2.56 del 14 maggio 2023, siamo in via Bonnet. Un giovane fa salire una ragazza in macchina: lei non sta in piedi, fatica a tenere dritta la testa. Con lui c’è un uomo, che lo aiuta a sorreggere la giovane e poi si allontana di corsa. Le telecamere di videosorveglianza riprendono una parte della targa della Lancia Y: tre lettere e due cifre. Gli investigatori della Squadra mobile partiranno proprio da quella sequenza alfanumerica per risalire al conducente dell’utilitaria intestata alla madre: l’impiegato G. E., già sanzionato nell’aprile scorso per atti osceni davanti all’Alcatraz di via Valtellina, è stato arrestato sabato con l’accusa di aver violentato la diciottenne ripresa con lui da due occhi elettronici. Chi era l’altra persona? Uno dei buttafuori del Tocqueville, ingannato dal ventitreenne con una bugia e indotto ad aiutare il presunto stupratore a caricare sulla Y la sua vittima, "esanime". Sì, perché il prologo di questa drammatica vicenda, che ha coinvolto una diciottenne che chiameremo Silvia, si svolge in una delle discoteche più note della movida di corso Como.

L’approccio in discoteca

Lì la liceale entra insieme a due amiche attorno all’una del 14 maggio: nel corso della serata, beve un paio di vodka lemon che le provocheranno stordimento e stato confusionale. Poco dopo le due, secondo quanto ricostruito dalle indagini, le si avvicina l’arrestato: parlano, ballano, si scambiano un bacio. Poi lui le propone di uscire per andare a fumare una sigaretta, ma Silvia risponde di no: "Ricordo che è stato molto insistente e che io ho tentennato parecchio perché non mi andava di allontanarmi dalle mie amiche, specie in un posto che non conoscevo", spiegherà nella denuncia. Il ventitreenne non demorde e quasi la trascina fuori, nonostante le palesi resistenze: "Sei uno str... perché non sto capendo niente".

La coppia si imbatte nel vigilante, che si rende subito conto che la diciottenne non sta bene: "No, non la fai uscire", dice perentorio al giovane. "Forse – l’interpretazione a posteriori della vittima – aveva intuito che ci fosse un pericolo e che io non ero totalmente in me". Il giovane, però, ha la risposta pronta: "Tranquillo, sono il fidanzato". L’addetto alla sicurezza si fida e gli dà una mano ad accompagnare Silvia sulla Lancia Y.

L’agguato nel parcheggio

Pochi minuti dopo, certificheranno i movimenti del cellulare tracciati via app sullo smartphone della madre, la ragazza è in via Tazzoli, una stradina isolata che collega via Ferrari a via Farini: forse è lì, in una piccola area posteggio, che il ventitreenne ferma la macchina e inizia ad abusare della liceale. Un incubo che dura circa un’ora. Nel frattempo, le amiche di Silvia provano a contattarla, senza esito: è sparita nel nulla. Alle 4.05, la Lancia Y ricompare in via de Tocqueville. Negli stessi minuti, la diciottenne, sotto choc, viene soccorsa dalle due ragazze su una panchina. Il giovane, come se niente fosse, parla con altre due giovani e si allontana in macchina: i filmati cattureranno il particolare del logo sulla parte laterale delle scarpe. La mattina dopo, Silvia si reca in ospedale: nella mente si rincorrono flash sbiaditi della notte precedente, con la netta "sensazione" di essersi trovata "all’interno di una macchina da sola con lui, in una specie di parcheggio". I timori vengono purtroppo confermati dall’esito dei test medici: è stata violentata. Da chi?

L’inchiesta

Gli agenti della Mobile, coordinati dall’aggiunto Letizia Mannella e dal pm Alessia Menegazzo e guidati dal funzionario Stefano Veronese, partono dalla targa della Lancia, passando al setaccio i dati di Motorizzazione civile e Aci: prima isolano i modelli di auto corrispondenti alla Y e poi analizzano i dati anagrafici di tutti gli intestatari, risalendo agli utilizzatori abituali; la ricerca prosegue incrociando i risultati con le "caratteristiche fisiche, somatiche, anagrafiche e geografiche" dei conducenti. Il profilo che ne emerge è proprio quello del 23enne poi arrestato, residente a Seveso, figlio della proprietaria di una Y scura. Il volto è simile a quello del presunto stupratore. E pure nome ed età coincidono.

I tabulati e la chiamata al 112

L’analisi dei tabulati prova che il telefono usato dal 23enne ha agganciato le celle compatibili con via de Tocqueville dalle 2.59 alle 4.10. Ventidue minuti dopo, da quello stesso numero parte una chiamata al 112: il ragazzo dice che due sconosciuti gli hanno appena strappato la catenina d’oro dal collo. Qualche tempo dopo, quando ormai gli investigatori sono sulle sue tracce, il ventitreenne viene convocato in Questura proprio per dare seguito a quella denuncia: lui evidentemente non sospetta nulla e si sottopone al tampone salivare. Le tracce genetiche intercettate dal test vengono processate dagli esperti della Scientifica, che le comparano con il Dna isolato sugli abiti della vittima: c’è la corrispondenza che incastra definitivamente il presunto stupratore.

L’ordinanza del giudice

Nel provvedimento che ha portato il giovane ai domiciliari, il giudice ha evidenziato la credibilità della vittima ("Non ha mai nascosto di essere stata ubriaca quella sera e si è limitata a dichiarare soltanto quello che ricordava") ed elencato i tre motivi che fanno ipotizzare che l’indagato, se lasciato libero, possa tornare a colpire: la "spregiudicatezza dimostrata nell’abusare di una ragazza in evidente stato confusionale e priva di difese, dopo aver mentito al personale di sicurezza del locale e aver ottenuto addirittura il suo aiuto per caricarla in auto, esanime"; l’entità e la durata delle violenze "esercitate sulla vitima per circa un’ora"; il "disprezzo dimostrato nei confronti dell’incolumità della vittima, abbandonata a bordo strada senza in alcun modo premurarsi di avvisare qualcuno".