MARIANNA VAZZANA
Cronaca

Stalking, lo sfogo del consigliere Michele Albiani: i miei tre anni d’inferno. L’accusato: “Non ho detto quelle frasi”

Milano, l’esponente Pd e attivista Lgbtq+: "Raccontare la mia vicenda è stato doloroso ma liberatorio”

Milano – “Non avrei voluto parlarne fino alla fine di questa vicenda, con una sentenza in mano. Purtroppo la storia sta per diventare di dominio pubblico e allora ho deciso di raccontarla, per gestire la mia vita nel modo che ritengo più opportuno e anche sperando che qualcuno, magari nella mia stessa situazione, possa sentirsi meno solo". Una storia che Michele Albiani (Pd), presidente della commissione Sicurezza del Consiglio comunale di Milano e attivista Lgbtq+, racconta in 9 minuti di video su Instagram, tra le lacrime, "perché ha messo a rischio la mia vita e la mia salute mentale. Sono stato vittima di stalking, ho denunciato una persona di cui non farò il nome (ex militante del Pd, che a sua volta ha presentato una diffida per diffamazione nei confronti di Albiani, ndr) e la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio. Ci sono state già due udienze e la prossima sarà a maggio". Intanto, dopo la pubblicazione del video, "sono stato travolto dalla solidarietà di tantissime persone e amici, oltre che dal mio partito. Anche Elly Schlein mi ha scritto per comunicarmi la sua vicinanza. Non mi sento più solo".

Parlarne è stato anche liberatorio, oltre che doloroso?

"Sicuramente è stato liberatorio ma allo stesso tempo molto pesante per la mia famiglia. I miei parenti erano informati della situazione ma avevo deciso accuratamente di non condividere i particolari con loro. Purtroppo sono stato costretto a farlo dopo la telefonata di un giornalista intenzionato a raccontare la vicenda. Chiaramente ha generato loro un pesante stato di ansia per la mia incolumità e sinceramente glielo avrei risparmiato".

Da dove nasce la “persecuzione”?

"La motivazione dell’imputato, come ho fatto presente nella denuncia, è stata la sua ricerca di visibilità per anni, dopo un brutto episodio da lui vissuto. Io, come altre persone da lui contattate, ho avuto il fondato sospetto che fosse una persona instabile e, personalmente, ho deciso di tenere le distanze il più possibile, considerando anche che avevo da anni incarichi di rilievo".

A quando risalgono i primi contatti tra voi due?

"Al 2018, quando organizzai un presidio dei Giovani democratici a Porta Romana in solidarietà a questa persona, dopo un’aggressione che aveva subito".

Quando la situazione è degenerata?

"L’incubo per me è iniziato nel 2021, perché sono stato bersagliato di messaggi via telefono e social network, nonché da chiamate anonime, perché a suo dire avrei dovuto invitarlo ad alcuni eventi. Mi diffamava e insultava (“Fate pena e fai schifo”, “Buon Hiv”, sono alcune delle frasi che lo stesso Albiani ha riportato nella sua denuncia, ndr). Quando ho deciso di candidarmi in Consiglio comunale è stato anche peggio. Scriveva frasi come “Soccomberai come soccombono i peggiori cancri”, diceva di avere milioni di euro a disposizione e migliaia di follower che avrebbe usato per distruggermi, che avrebbe reso un inferno i miei 5 anni da consigliere. Subito dopo la campagna elettorale del 2021 mi scriveva e chiamava nelle vicinanze di casa mia. Io vivevo nel terrore. E a fine novembre di quell’anno ho denunciato".

La replica dell’accusato

"Non ho mai pronunciato né scritto le frasi che mi vengono attribuite, anzi sono io ad aver ricevuto pesanti insulti, tanto che ho presentato una diffida per diffamazione nei confronti di Albiani”. È la versione di Samuele Vegna, 28 anni, ex militante Pd e attivista Lgbtq+, sotto processo dopo la denuncia per stalking presentata dal consigliere Michele Albiani, presidente della commissione Sicurezza di Palazzo Marino. “Mi ha screditato sia davanti ai vertici del partito e sia nelle associazioni che frequentavo. Mi ha fatto terra bruciata attorno: per colpa sua ho dovuto rinunciare alla mia carriera politica, e militavo nel Pd fin da quando avevo 14 anni. Io cercavo solo un chiarimento e non ho attuato alcuna “persecuzione“ nei suoi confronti. Nego tutte le frasi che mi vengono attribuite”. Spiega di aver scelto il rito abbreviato, su consiglio del suo avvocato, “e siamo in mediazione per ottenere la giustizia riparativa. A maggio ci sarà la prossima udienza e, in caso di sentenza sfavorevole, ricorrerò in Appello”.