ANDREA GIANNI
Cronaca

La soffiata dopo la sparatoria a Cascina Spiotta: “Le Br vogliono vendicare la morte di Margherita Cagol”

Agli atti del processo in corso, spunta un fonogramma dell’Arma del ’77: “I terroristi vogliono uccidere un carabiniere che ha partecipato al blitz”

L'ex brigatista Lauro Azzolini e i rilievi subito dopo la sparatoria

L'ex brigatista Lauro Azzolini e i rilievi subito dopo la sparatoria

Milano, 29 maggio 2025 – Il fonogramma, con i toni scarni e burocratici delle comunicazioni ufficiali, risale al gennaio del 1977. Fu trasmesso dai carabinieri di La Spezia ai vertici dell’Arma, alla brigata di Torino guidata da Carlo Alberto Dalla Chiesa, al ministero dell’Interno, alla Questura e alla Prefettura della città ligure dove all’epoca era reclusa l’ex brigatista Nadia Mantovani, arrestata nel 1976 nel covo milanese di via Maderno insieme a Renato Curcio.

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L’allarme

Veniva lanciato l’allarme su una circostanza inquietante riferita al direttore della casa circondariale da una detenuta, che aveva raccolto le confidenze di Mantovani. “Gruppo Brigate Rosse habet in preparazione – si legge nella nota – piano diretto uccidere sottufficiale Arma che partecipò noto conflitto a fuoco giugno 1975 in Acqui Terme (Alessandria) per rivendicare morte Margherita Cagol. Legione Alessandria già informata”.

Il riferimento è al blitz alla Cascina Spiotta per liberare l’imprenditore vinicolo Vittorio Vallarino Gancia, sequestrato dalle Br, che il 5 giugno 1975 si concluse con la morte dell’appuntato dei carabinieri Giovanni D’Alfonso e di Margherita “Mara“ Cagol, moglie di Renato Curcio.

L'ex brigatista Stella Margherita Cagol
L'ex brigatista Stella Margherita Cagol

La vendetta

Una morte (secondo una memoria depositata da Curcio, Cagol quando ricevette il colpo mortale era “disarmata” e con le mani “alzate”) che le Br volevano vendicare, come emerge anche dal fonogramma del 1977, ammazzando l’appuntato Pietro Barberis, che partecipò alla battaglia della Spiotta.

Descrive il contesto, con vite umane a rischio e un pericolo concreto di nuovo sangue versato, in cui si muovevano all’epoca investigatori e inquirenti.

Renato Curcio, Lauro Azzolini e Mario Moretti accusati dell'omicidio del 1975 a Cascina Spiotta
Renato Curcio, Lauro Azzolini e Mario Moretti accusati dell'omicidio del 1975 a Cascina Spiotta

Il processo 

Il documento, recuperato negli archivi, è nella mole di atti del processo davanti alla Corte d’Assise di Alessandria che sta riportando sotto i riflettori un drammatico capitolo della storia d’Italia. Processo a carico dell’82enne ex brigatista Lauro Azzolini, l’uomo che secondo le accuse avrebbe ucciso D’Alfonso e che nelle scorse udienze ha ammesso la sua presenza alla Spiotta 50 anni fa, e degli ex capi storici Renato Curcio e Mario Moretti, presunti mandanti.

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Il documento

“Il fonogramma, che dimostra la volontà di pianificare un attentato per vendicare la morte di Cagol, è un documento di grande importanza anche per spiegare alcune circostanze”, spiega l’avvocato Nicola Brigida, che insieme agli avvocati Guido Salvini (ex magistrato esperto di terrorismo) e Sergio Favretto rappresenta i tre figli di D’Alfonso, parti civili.

Barberis, come è emerso dalle testimonianze, a seguito di quell’allerta fu convocato da Dalla Chiesa e informato del pericolo concreto che stava correndo, perché in quell’epoca alle parole spesso seguivano i fatti.

Giovanni D’Alfonso e il figlio
Giovanni D’Alfonso e il figlio

Il figlio del carabiniere

Un clima di tensione in cui si potrebbero inquadrare anche le dichiarazioni rese di recente in aula da Bruno D’Alfonso, uno dei figli del carabiniere ucciso, che più volte ha denunciato il “silenzio” sulla battaglia della Spiotta.

Ha sollevato il sospetto su un presunto “patto di non belligeranza” fra Stato e brigatisti, raccontando un colloquio del 2009 con Vittorio Vallarino Gancia (morto nel 2022) e alcune circostanze che gli avrebbe riferito quest’ultimo in merito a un incontro negli anni ’70 con il generale Dalla Chiesa.

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“Vallarino Gancia – ha spiegato D’Alfonso – andò in carcere a Cuneo per cercare di riconoscere le voci dei brigatisti che lo avevano rapito e ne riconobbe una, ma Dalla Chiesa gli disse di non dire nulla”, per la sua sicurezza.

Il generale Dalla Chiesa

“Mi raccontò che arrivò il generale Dalla Chiesa che gli disse: “Se lei vuole campare ancora qualche anno, stia buono dov’è“”. Anche Nadia Mantovani, che ora si occupa di reinserimento dei detenuti, è tra gli ex brigatisti citati dalla Procura di Torino come testimoni. E in aula potrebbe rispondere anche su quel fonogramma, riemerso dalle nebbie del passato.