
Nicole Minetti (Newpress)
Milano, 2 febbraio 2015 - La Regione Lombardia ha scelto di non costituirsi parte civile nel procedimento a carico di 64 tra consiglieri ed ex consiglieri del Pirellone accusati di essersi fatti rimborsare con soldi pubblici "spese pazze" senza alcuna giustificazione di natura politica. L'udienza preliminare del caso già ribattezzato "rimborsopoli" ha preso il via questa mattina a Milano davanti al gup Fabrizio D'Arcangelo. All'appuntamento non si è presentato nessun legale della Regione Lombardia, così come non è stata depositata nessuna richiesta di costituzione di parte civile. Tradotto, questo significa che - anche in caso di condanna - la giunta Maroni non potrà pretendere nessun risarcimento pecuniario da parte degli imputati.
Stando all'accusa, ipotizzata dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo e dai pm Paolo Filippini e Antonio D'Alessio, sarebbe stato provocato un danno alle casse regionali superiore ai 3 milioni di euro. Soldi spesi dai politici del Pirellone per l'acquisto di beni personali e non giustificati da ragioni di mandato politico: ristoranti di lusso, acquisto di formaggi e vini prelibati, cartucce da caccia. Non mancano casi eclatanti, come quello dell'ex consigliere Pdl, Nicole Minetti, che si sarebbe fatta rimborsare le spese sostenute per l'acquisto del libro "Mignottocrazia" di Paolo Guzzanti, o quello di Stefano Galli, ex capogruppo della Lega Nord al Pirellone che avrebbe chiesto e ottenuto 6 mila euro per il rimborso del ricevimento di nozze della figlia. I pm contestano all'ex numero uno del Carroccio in Lombardia anche una consulenza da 196 mila euro che avrebbe fatto ottenere al genero, anche lui finito sul banco degli imputati.
Il reato contestato, per tutti, è peculato. Ma ci sono due ex consiglieri che rispondono anche di truffa. Sono entrambi leghisti. Il primo è l'ex capogruppo Galli. Il secondo è l'ex presidente del consiglio regionale Davide Boni. Il quale, come si legge nel capo di imputazione, nonostante "dal 2003 avesse trasferito la sua dimora abituale e il suo domicilio a Milano", avrebbe dichiarato di essere domiciliato a Sabbioneta, provincia di Mantova, "e da quel comune di raggiungere abitualmente il Consiglio". Un escamotage, secondo i pm, per farsi liquidare a titolo di "spese trasporto" tra il 2003 e il 2011, circa 32 mila euro. Non solo: Boni, sempre secondo l'accusa, "dichiarando in data 2/11/2010, contrariamente al vero, di aver fatto rinuncia al servizio di autista fornito da Regione Lombardia, si faceva liquidare, in virtù di una delibera di Presidenza (...) emanata dallo stesso Davide Boni, 69.484 euro per il 2010 e il 2011". Tra le 64 persone che rischiano di finire sotto processo figurano ex assessori come Massimo Ponzoni, Franco Nicoli Cristiani, Monica Rizzi, Romano Colozzi, Massimo Buscemi, Giulio Boscagli, Giovanni Rossoni (accusato, in particolare, di aver speso 3.400 euro per 90 provole di Auricchio). Nomi eccellenti, come quelli degli ex consiglieri Renzo "Trota" Bossi e, appunto, Nicole Minetti. Ma la richiesta di rinvio a giudizio presentata dalla Procura è bipartisan e riguarda anche ex consiglieri di opposizione: l'ex capogruppo Sel Chiara Cremonesi, gli ex capogruppo Pd Luca Gaffuri e Carlo Spreafico. Tra gli imputati figurano alcuni consiglieri ancora in carica. E' il caso di Elisabetta Fatuzzo, della Lista Pensionati, e del vicepresidente del consiglio regionale, il leghista Fabrizio Cecchetti.