NICOLA PALMA
Cronaca

Shaboo a Milano, la prima schiava italiana

Il business dei pendolari dello spaccio da Emilia e Toscana a Milano

Shaboo

Milano, 11 maggio 2018 - Molti risultano residenti tra Emilia Romagna e Toscana. A Milano hanno soltanto alloggi di fortuna, affittati per qualche settimana: appartamenti in condivisione con altri connazionali o un semplice materasso buttato lì in pochi metri quadrati. L’ipotesi investigativa dei ghisa dell’Antispaccio, coordinati dal comandante Marco Ciacci, è che tanti dei pusher di shaboo attivi sulla piazza meneghina siano dei pendolari, ultimo livello di un’organizzazione piramidale che impartisce ordini e decide quando e dove piazzare la «roba»: smerciano quello che hanno a disposizione, stando ben attenti a non portarsi in giro troppa droga, e poi se ne ritornano a casa. L’ultimo cavallino di «crystal meth», metanfetamina dieci volte più potente della cocaina, è stato arrestato dagli agenti della polizia locale l’altroieri pomeriggio: addosso il 31enne Z.J. aveva «solo» 4,38 grammi (stiamo comunque parlando di una quarantina di dosi da 30-50 euro l’una) e 910 euro in contanti; a casa, in via Varchi, a due passi da piazzale Lugano, sono stati trovati e sequestrati altri 268,38 grammi, per un valore al dettaglio vicino ai 100mila euro.

Un sequestro record, l’ennesimo della serie, che ha fatto schizzare il totale del 2018 a quota 487 grammi. A dare un’occhiata ai verbali, emerge una sorta di identikit del pusher-tipo: quasi sempre cinese, spesso minorenne, senza una dimora fissa e rintracciabile all’ombra della Madonnina. Fantasmi in giro per la città. Così sfuggenti che i vigili sono costretti a pedinarli per ore prima di far scattare il blitz, nel tentativo di individuare il covo dov’è custodita la maggior parte dello stupefacente. Piccola variazione sul tema: di recente è stato «pizzicato» pure uno spacciatore peruviano, anche se il mercato resta saldamente nelle mani dei monopolisti cinesi. A consumare shaboo sono quasi solo i filippini, che lo fumano soprattutto per riuscire a tenere ritmi di lavoro altrimenti insostenibili; e compagna di un filippino è anche l’unica consumatrice di nazionalità italiana finora intercettata dai segugi di piazza Beccaria, una tossicodipendente incallita che smercia «ice» per garantirsi la dose quotidiana.

Un mondorimasto sommerso per anni e che ora sta emergendo con sempre più evidenza e sfacciataggine, se è vero che settimana scorsa i vigili hanno bloccato una studentessa italo-cinese di 19 anni (lei pure proveniente da fuori città, in particolare dalla provincia di Pordenone) che distribuiva bustine di shaboo come niente fosse nell’area giochi per bambini in piazzale Segesta. «È un fenomeno molto grave, ancora prevalentemente circoscritto alle comunità cinesi e filippine, ma che risulta in espansione – sottolinea la vicesindaco e assessore alla Sicurezza Anna Scavuzzo – . Ritengo utile un incontro con i rappresentanti delle comunità per confrontarci su un fenomeno che va contrastato con forza sul territorio, e allo stesso tempo chiede un’azione di prevenzione e sensibilizzazione tra i giovani non sempre consapevoli dei gravi e permanenti danni che queste sostanze provocano».

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