MARIANNA VAZZANA
Cronaca

Il mercato avicunicolo è casa loro, ma Comune e Sogemi li sfrattano

Nel limbo 17 famiglie che vivono negli alloggi costruiti per i dipendenti

Egidio Beretta e la moglie Andreina raccolgono il frutto del loro lavoro

Milano, 3 settembre 2017 -  «Mio papà lavorava al mercato dei polli come facchino. Mia mamma invece spennava le galline. Io, da questa finestra, ho visto passare cinque generazioni di bambini». La finestra si affaccia su una striscia di cortile sospeso tra il cielo e la distesa dell’ex mercato avicunicolo tra le vie Lombroso, Maspero e Vismara. Come fosse la guardiana di una Milano segreta, la signora Maddalena - per gli amici Elena - Furiosi, 87 anni, continua a guardare quel mondo. Ma insieme ad altre 16 famiglie vive nel limbo. Sono i nuclei storici che da anni risiedono negli stabili di via Maspero 13 e 19 e di via Vismara 15 e 19. Palazzine realizzate prima degli anni Trenta. «Io sono arrivata qui qui nel 1934 da Sant’Angelo Lodigiano», racconta la Furiosi. Nel suo alloggio è rimasto tutto identico, compresi mobili e pavimenti. Le case (una cinquantina) erano a disposizione dei lavoratori del mercato a cui, negli anni ‘60 e ‘70, si sono aggiunte altre famiglie. E tutti pagavano l’affitto al Comune. Finché negli anni ‘80 il Comune ha ceduto la gestione degli immobili a Sogemi per uso commerciale. Di conseguenza, le famiglie si sono trasformate da assegnatarie regolari a «occupanti senza titolo». Ed è cominciato un iter giudiziario durato anni.

«Purtroppo Sogemi ha ottenuto i titoli per mandarci via, avendo noi dei vecchi contratti stipulati col Comune», spiegano le famiglie, compatte. Una faccenda resa ancora più complicata dal fatto che, in base a una delibera del Comune approvata dalla scorsa Giunta, ora Sogemi dovrà restituire al Comune gli immobili «liberi da cose e persone». «È già stato chiesto lo sgombero d’urgenza per inagibilità degli spazi, non avvenuto. Ora, su disposizione del Tribunale, nei prossimi giorni verrà effettuata un’ispezione tecnica all’interno degli alloggi». Lo sottolineano gli stessi abitanti, che venerdì si sono riuniti in assemblea per fare il punto della situazione.

Il primo desidrio è restare all’interno delle case. «Queste sono le nostre case, il nostro mondo. Ci aiutiamo a vicenda», racconta Andreina Pedretti, originaria della provincia di Bergamo, che insieme al marito Egidio Beretta vive in via Maspero dal 1969. «Siamo arrivati qui da Melzo. Mio marito lavorava come bidello a Milano, così avevamo fatto richiesta di una casa al Comune per poterci trasferire». «Mentre io, che ho 71 anni – aggiunge Antonia Brocchi – sono praticamente nata qui. I miei genitori lavoravano al mercato dei polli, ricordo che si alzavano di notte perché i carri col bestiame arrivavano prima dell’alba». Il blocco di case rappresenta una sorta di oasi dentro la città, con le porte affacciate su terrazzi a ridosso dei tetti delle palazzine sottostanti e cornici verdi. «In tutti questi anni abbiamo anche presidiato gli spazi, evitando occupazioni e preoccupandoci pure di piccole manutenzioni», aggiungono i cittadini. E se proprio dovessero essere costretti a lasciare le case, «che almeno ci venga data un’alternativa – chiedono –. Non vogliamo finire in mezzo a una strada».