Logistica, frode fiscale: sequestrati 86 milioni di euro a Ups Italia. Perquisizioni a Milano e Como

Indagine con al centro una presunta somministrazione illecita di manodopera. Chiesto anche il divieto di fare pubblicità per un anno

Un magazzino (foto di repertorio)

Un magazzino (foto di repertorio)

Milano – La Guardia di finanza di Milano, su delega della Procura, ha sequestrato a Ups Italia, società leader nel settore della logistica, oltre 86 milioni di euro.

Il sequestro preventivo di urgenza è stato firmato dai pm Giovanna Cavalleri e Paolo Storari per l’ipotesi di reato di frode fiscale, nell'ambito di una nuova indagine con al centro il fenomeno di una presunta somministrazione illecita di manodopera. Con la società indagati anche il legale rappresentante della divisone italiana, lo spagnolo Francisco Conejo Castro, e i firmatari delle dichiarazioni fiscali 2017-2022, i tedeschi Karl Georg Habekorn e Britta Martina Weber. Sono inoltre in corso diverse perquisizioni tra Milano, Como, Roma e Reggio Emilia, con contestuale notifica di informazioni di garanzia in 14 società, consorzi o cooperative fornitrici di forza lavoro. 

In base agli accertamenti condotti dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Gdf, in collaborazione con il settore Contrasto Illeciti della Agenzia delle Entrate, la frode fiscale sull'Iva sarebbe stata commessa attraverso fatture per operazioni inesistenti e la stipula di fittizi contratti di appalto di manodopera che sono soggetti all'imposta sul valore aggiunto. Tali contratti in realtà, per inquirenti e investigatori, erano da incasellare come somministrazione di manodopera e quindi esenti da Iva. Il presunto meccanismo illecito riguarderebbe gli anni dal 2017 al 2022, per un ammontare complessivo di oltre 480 milioni, di cui evasi quasi 86,5 milioni (il valore del sequestro preventivo). Inoltre, non sarebbero stati versati gli oneri previdenziali e assistenziali.

Inoltre, è stata richiesta al gip la misura interdittiva della pubblicità di beni e servizi per la durata di un anno, in quanto secondo l’impianto accusatorio la divisione italiana del colosso delle spedizioni, utilizzando i software di proprietà che dialogano in maniera autonoma con i dipendenti dell’apparente appaltatore di manodopera di turno, usufruirebbe sistematicamente di appalti ad alta intensità di manodopera incentrati appunto su società serbatoi di personale, allo scopo di esternalizzarne al ribasso il costo attraverso lo scarico, su questi fornitori privi di autonomia, delle criticità sia fiscali sia contributive.

Esaminando, infatti, i rapporti commerciali esistenti tra Ups e alcuni dei fornitori ai quali ha affidato in outsourcing la movimentazione e il trasporto delle merci, molti di questi operatori sono risultati viziati da “significative criticità fiscali”. Su 8.500 lavoratori che in queste società fornitrici sono stati impiegati per commesse di Ups (che di suo ha invece 1.000 dipendenti assunti), 5.700 sono ad esempio transitati almeno una volta da una all’altra di queste società fornitrici, con punte addirittura di otto passaggi societari per lavoratore; e 28 persone hanno ricoperto ruoli di dirigenti in almeno due di quelle società, che hanno avuto le sedi legali spesso negli stessi indirizzi, e cicli di vita sempre brevi e immancabilmente sfocianti in fallimenti, liquidazioni, inattività.

Sono tutti indici che fanno ritenere agli inquirenti che in questi fornitori manchi l’autonomia economica e organizzativa, a fronte invece di una regia unica del committente Ups. È lo stesso schema di frode fiscale che ha già visto la Procura intervenire in modo analogo in passato su altri protagonisti del mercato della logistica quali Dhl, Gls, Uber, Tnt, Esselunga, Lidl e Geodis.