Pioltello, scuola chiusa per Ramadan. Parla il preside: “La politica non c’entra, qui lavoriamo per l’integrazione”

Alessandro Fanfoni dirige l’istituto dal 2019. “Sono sbigottito dalle polemiche. Nelle nostre classi l'attività interculturale è quotidiana, siamo anche intervenuti per evitare che i bambini digiunassero fin da piccoli”

Pioltello (Milano) – La chiusura della scuola per il fine Ramadan? Un momento di festa in una scuola, nei numeri e nei fatti, multietnica e inclusiva. Non per un solo giorno: ma tutto l'anno”. Tiene banco e fa scalpore la scelta della dirigenza e del consiglio di istituto della scuola Iqbal Masih di Pioltello, nel Milanese, di chiudere le porte il 10 aprile, giorno di fine digiuno rituale della ricorrenza islamica.

L'ingresso dell'istituto pioltellese e a destra il dirigente Alessandro Fanfoni
L'ingresso dell'istituto pioltellese e a destra il dirigente Alessandro Fanfoni

Alessandro Fanfoni, romano, dirige l'istituto pioltellese dal settembre 2019. 1.270 alunni fra infanzia, primarie e medie, con una presenza straniera di oltre il 43%, in aumento di 80-100 iscritti l'anno. Scelta scolastica, polemiche politiche. Fra le voci “contro” quelle dell'europarlamentare Silvia Sardone e del sindaco di Sesto San Giovanni Roberto Di Stefano: “Siamo alla follia”. Si schiera con il dirigente la sindaca pioltellese Ivonne Cosciotti: “Un gesto di integrazione vera”.

Preside, lei è l'uomo del giorno.

"Lo vedo, e sono sbigottito. Siamo una scuola multietnica, con una percentuale di stranieri elevata. Nel giorno della fine del digiuno del Ramadan abbiamo tanti alunni a casa. Avevamo già in programma la chiusura nell'anno scolastico passato, saltò per motivi tecnici relativi al giorno di 'recupero'. Quest'anno abbiamo predisposto tutto per tempo, al consiglio di istituto di maggio. E iniziato un giorno prima a settembre”.

C'è chi grida alla “sottomissione culturale".

“Alle polemiche politiche non rispondo. Non c'è niente di politico in questa scelta. Sull'integrazione il nostro lavoro è stato ed è enorme. Dentro e fuori scuola. Abbiamo 'scardinato' la vecchia logica 'territoriale' delle iscrizioni per evitare classi ghetto e garantire a tutti una didattica opportuna. La presenza dei mediatori linguistici e culturali è abituale, abbiamo potenziato le lezioni di italiano, supportiamo chi arriva da noi e non sa una parola della nostra lingua. Nelle nostre classi l'attività interculturale è quotidiana. Perché non condividere un giorno di festa?”.

Da chi è partita la proposta?

"Da alcuni insegnanti, già negli anni scorsi. È stata votata dal consiglio di istituto senza problemi. Nessuno l'ha vissuta come un'imposizione. Abbiamo utilizzato i giorni 'discrezionali' di vacanza di cui ogni scuola dispone. Nessuno ha eccepito. Abbiamo avuto riunioni, colloqui e assemblee con i genitori anche nelle ultime settimane, e parlato d'altro. Non so come mai sia esploso il caso”.

Le statistiche dicono che il digiuno del Ramadan viene praticato da ragazzi e ragazze sempre più giovani. Sin dalle elementari. Da 'osservatorio privilegiato' vi risulta?

"Con orgoglio posso dire che non vediamo ragazzini digiunare prima della quarta, quinta elementare. Con tutti gli stranieri che abbiamo, siamo in controtendenza. Ma è il risultato, anche qui, di un lungo lavoro di sensibilizzazione e dell'operato dei mediatori. Abbiamo colto per tempo un preoccupante incremento del numero dei digiuni fra 'piccoli', e avviato un confronto con le famiglie. I risultati si vedono”.

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