NICOLA PALMA
Cronaca

Come si muovono le crew di writer: cambio di tag e prove di coraggio

Le nuove leve del graffitismo vandalico. In aumento le ragazzine

writer in azione (Foto archivio)

Milano, 6 febbraio 2017 - Forse una prova di coraggio. Un modo per dimostrare di essere pronto a far parte di un gruppo più strutturato rispetto a quello di provenienza. «Spaccare» per essere accettati, come si dice in gergo. Si potrebbe spiegare così la presenza del sedicenne F.M. l’altroieri pomeriggio in uno dei depositi periferici della Stazione Centrale per imbrattare un convoglio in sosta temporanea. Sì, perché raggiungere quel punto è difficile e pericoloso, tanto che i ghisa dell’Antigraffiti hanno aspettato che i writer completassero l’opera, così da evitare rischiosissime fughe lungo i binari dell’Alta Velocità. Una sorta di rito di iniziazione, mutuato dalle gang di strada. Un modus operandi che pare molto diffuso tra le nuove leve del graffitismo vandalico: quelle che stanno prendendo il posto di quelle decimate dalle indagini del nucleo Tutela decoro urbano di piazza Beccaria.

Prendete la Dlr (sigla che sta per «Delirium»), che da Lambrate ha colonizzato Milano: oggi guidata da Sanke, è nata da una costola della Otv, il gruppo fondato da Pixel (di recente arrestato per droga a Bordighera) e decapitato nel 2014 per l’assalto datato 20 aprile 2013 alla fermata Villa Fiorita della metropolitana verde. Non esiste angolo della città che non sia coperto dalle loro tag: Wern, Rupe, Sdamb, Gohaz e Saone (migrato dalla Oak, acronimo di «Ovuli a kili», continua a imperversare nonostante sia stato più volte denunciato).

Poi c’è la Swe, che sta per «South west east» crew, con D.namo e Pepeta a farla da padroni tra Città Studi e Porta Venezia. La Bmc crew («Bello damnage») ad Affori: il king, il leader della banda, si firma Dasty e già nel novembre 2014 fu pizzicato dai vigili per le scritte a Villa Litta. La Sgk, invece, «comanda» nelle zone 2 e 3. E poi ci sono i writer della Bwg («Brothers want graffiti», vale a dire «I fratelli vogliono graffiti»), con Sorte e Saturo (che si tagga pure al contrario con Orutas) a guidare la crew. In tutti i casi appena citati, stiamo parlando di ragazzi in gran parte minorenni o diciottenni da pochissimo. Ragazzi pronti a occupare le praterie lasciate dai predecessori. Ragazzi che hanno fatto tesoro delle esperienze dei «grandi». Il canale social resta prioritario, intendiamoci, ma i graffitari del 2017 stanno ben attenti a non farsi scoprire, come se si sentissero braccati: limitano la diffusione delle loro «imprese» sul web e cambiano continuamente link e nickname (ce n’è uno con 5 sigle); spesso hanno un doppio profilo Facebook, uno «pulito» e uno «vero» per riversare il materiale fotografico testimonianza dei raid.

Una rincorsa continua tra guardie e ladri che richiede particolari accortezze: alcuni nascondono computer e supporti informatici a casa di insospettabili parenti, altri ridipingono le camerette per cancellare le esercitazioni calligrafiche sui muri. Certamente, segnala chi ne analizza da tempo l’evoluzione, il fenomeno è mutato rispetto a 4-5 anni fa: in linea col resto della realtà contemporanea, il writing vandalico si muove veloce, con crew che nascono e muoiono nel volgere di pochi mesi e graffitari camaleontici che trovano sempre il modo di riciclarsi. Altro segno dei tempi: sono aumentate le ragazzine. «Il graffitismo vandalico – spiega l’esperta Fabiola Minoletti – deve essere sempre tenuto sotto controllo perché è un reato-spia nonché un indicatore dello stato di benessere dei giovani: è premeditato e perpetrato per anni, non prendere provvedimenti nei riguardi di chi lo pratica può portare allo sviluppo di altri reati anche più gravi».