NICOLA PALMA
Cronaca

Anarchici, giovani slegati dai movimenti, italiani di seconda generazione: chi sono i violenti che hanno rovinato l’evento pro-Gaza

Dopo una mattinata di proteste tutto sommato senza scossoni, alle 13 parte la guerriglia urbana in Centrale. La guidano – all’inizio – gli antagonisti della “A cerchiata", che presto si defilano lasciando spazio a una nutrita pattuglia di ragazzi e ragazze, spesso under 20. Le similitudini con le gazzarre organizzate dopo la morte di Ramy Elgaml. In serata i primi tre arresti

Anarchici, giovani slegati dai movimenti, italiani di seconda generazione: chi sono i violenti che hanno rovinato l’evento pro-Gaza

Un mix che sfugge agli schemi canonici utilizzati per interpretare le dinamiche di piazza, come capitato ad esempio quando il Corvetto fu messo a ferro e fuoco dopo la morte di Ramy Elgaml da una nutrita pattuglia di ragazzi che poco o nulla avevano a che fare con movimenti organizzati. Al netto dei danni ancora da quantificare, l’allarmante bilancio finale parla di almeno 47 agenti antisommossa contusi, a cui sommare le contusioni riportate dai colleghi della Digos e dai funzionari dell’ordine pubblico a capo delle squadre con caschi e scudi schierate in strada dall’ora di pranzo a quella dell’ora dell’aperitivo.

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L'ingresso dei manifestanti in Stazione Centrale

Il lunedì nero di Milano, già pesantemente colpita a nord dall’esondazione record del Seveso, si materializza attorno alle 13. Fino a quel momento, la manifestazione pro Gaza organizzata dai sindacati di base per sostenere la causa palestinese e la Global Sumund Flotilla si svolge senza particolari scossoni: partenza da Cadorna alle 10 sotto una pioggia battente che di tanto in tanto concede qualche tregua; 15mila persone in marcia per le vie del centro a urlare slogan contro Netanyahu, tra le inevitabili ripercussioni su un traffico già ingolfato dallo sciopero dei trasporti e gli improperi degli automobilisti incolonnati senza alcuna speranza di ripartire in tempi celeri; e poi la piccola doppia deviazione dal percorso concordato, in un caso per bruciare le bandiere di Israele, Usa, Ue e Nato in piazza Repubblica e nell’altro per avvicinarsi al cordone che presidia l’ingresso del consolato americano.

Dopo il passaggio indenne vicino alla sede diplomatica a stelle e strisce, resta solo l’ultima tappa del corteo, la più critica sin dall’inizio: la Centrale. Le previsioni della vigilia non mentono, anche se forse neppure il più pessimista si sarebbe aspettato un’offensiva così veemente e ostinata. In 500, guidati da esponenti dei centri sociali (il Lambretta su tutti), provano a entrare dalla fermata del metrò, ma vengono respinti dal blocco di poliziotti a guardia del mezzanino che collega la rete sotterranea agli ingressi della Centrale, blindato preventivamente con la chiusura delle paratie intermedie.

Il secondo tentativo va a segno, anche perché nel frattempo gli assaltatori sono quadruplicati: adesso sono in duemila. Guidano gli anarchici, che orchestreranno il blitz più virulento salvo defilarsi e sparire nella fase immediatamente successiva per lasciar spazio a facce molto meno note.

Il gruppone sfonda i cancelli lucchettati della Galleria delle Carrozze, sotto gli occhi terrorizzati dei viaggiatori diretti ai binari, e si impadronisce dell’anticamera della stazione. L’obiettivo, però, è prendersi l’intero scalo, sfondando i vetri di tutti i portoni d’accesso. Gli agenti reagiscono: cariche per respingere l’assalto e lancio di lacrimogeni (alla fine se ne conteranno ben 177 nelle varie fasi degli scontri a distanza) per fronteggiare chi impugna estintori e idranti. Alle 15 la frangia più violenta, spalleggiata a voce (e non solo) da maxi capannelli assiepati in via Vitruvio e all’ombra del Pirellone, viene ricacciata in piazza Duca d’Aosta, ma l’allerta è tutt’altro che rientrata. Anzi, è proprio in quei minuti che comincia un lunghissimo muro contro muro, con un’estenuante lotta per guadagnare (o non perdere) qualche centinaio di metri in via Vittor Pisani.

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Un momento degli scontri fra polizia e una frangia dei manifestanti pro Pal
Un momento degli scontri fra polizia e una frangia dei manifestanti pro Pal

I blindati si muovono dietro le formazioni compatte di poliziotti del Reparto mobile e carabinieri del Battaglione, ma i manifestanti rispondono con un diluvio di sampietrini: a terra ne resteranno 300. E poi tutto il resto: transenne, fumogeni, cartelli stradali e bottiglie di vetro in grandissima quantità. Persino una tanica piena di benzina, a cui evidentemente qualcuno voleva dar fuoco dopo l’atterraggio in prossimità delle postazioni delle forze dell’ordine. Un piccolo incendio scoppia sì, ma al quarto piano dello stabile al civico 12/A: non si sa se sia stato un lacrimogeno o un oggetto lanciato dai manifestanti, ma quando arrivano i vigili del fuoco le fiamme e il fumo non si vedono più. È quello il momento in cui la situazione torna ad avere una parvenza di normalità.

I pro Pal sono decisamente calati di numero, ma restano a presidiare la zona fino a tarda sera: sono pacifici, ballano al ritmo dei colpi cadenzati su arredi urbani trasformati in rumorosissimi bonghi; alle 22 verranno sgomberati.

Nel frattempo, otto persone sono finite in Questura. Nella tarda serata i primi arresti: tre manifestanti accusati di resistenza e danneggiamento aggravato su disposizione del pm di turno Elio Ramondini. Provvedimenti anche nei confronti di due minorenni. Ma prosegue l’analisi delle immagini girate dalla Scientifica e immortalate dalle telecamere che sorvegliano la zona della Centrale. Gli accertamenti continuano: il procuratore capo Marcello Viola è in costante contatto con gli investigatori della Digos.