Emilio
Magni
Aancora un po’ impaurito, un amico mi ha raccontato di aver avuto uno scontro con un monopattino mentre camminava tranquillamente su un marciapiede. Nell’"incontro ravvicinato" con uno di questi mezzi che, da qualche tempo, hanno preso a circolare, non sono emerse conseguenze pesanti, né per il pedone, nemmeno per il ragazzo che era alla guida e finito contro un albero ma senza ferirsi. L’amico ha lamentato solo una passeggera botta. "L’è andada benn - ha commentato- però u ciappà un bèll scaggètt". Insomma non ha subito danni, comunque un "bel spavento". Per raccontare le sue emozioni e le sue paure ha adoperato dunque un termine del nostro dialetto che ancora qualche volta mi capita di ascoltare: "scaggètt". Viene da "scaggia", o " scaccia" che è la paura, lo spavento. L’amico Luis de Melz (Luigi Manzoni di Melzo), "professore emerito di dialetto", ha scoperto che Carlo Porta in un sonetto adopera "scacc" (non dunque "scagg" e nemmeno "scaggia") optanto per il termine al maschile, nel senso di "paura". In un altro canto Porta scrive invece "el scaggiava" nel senso di "si agghiacciava", evidentemente "dalla paura". Tutto comunque deriva da "caggià" che si riferisce a congelare, agghiacciare. Un tempo infatti si diceva :"Me s’è caggià el sang", per dire che uno aveva preso una paura tale da fargli cagliare (o congelare) il sangue. Per indicare lo spavento però il dialetto ci regala un altro bel termine. E’ "stremizzi". Anche questa parola è sempre stata molto adoperata per indicare "spavento", o "paura". Gianfranco Scotti nel suo dizionario del dialetto lecchese ci informa che era usato anche personalizzato. Si diceva : "Te sett un bel stremizzi" che voleva dire "Sei proprio un bel fifone". "Stremizzi "o "strimizzi" verrebbe da "stremé ("spaventare", "impaurire"). Ancora Scotti ci racconta che discenderebbe dal latino volgare "restremiscere", ovvero "tremare dalla paura". Cari amici, c’è da compiacersi osservando quanta storia, quanta cultura ci tramanda e ci regala il nostro caro dialetto.