SIMONA BALLATORE
Cronaca

Sante Egadi: "Così la laurea strappata (e incollata) diventa opera d’arte"

Le performance dell'ex commercialista arrivano anche a New York

Sante Egadi Abbinente (Spf)

Milano, 1 novembre 2016 - Titoli di studio come "carta straccia" o elevati al rango di opere d’arte? "Questo è il dilemma", verrebbe da rispondere, scomodando Amleto. Fatto sta che Sante Abbinente, in arte Sante Egadi, ex commercialista votato al’arte, davanti a un mercato del lavoro ballerino, a curricula "gonfiati" e ad altri bistrattati, ha deciso di agire: le sue performance partite da Salerno hanno trovato casa a Milano e nell’atelier di Sesto San Giovanni, arrivando pure a New York. Strappa e «cuce», Abbinente, creando collage originali.

Da commercialista ad artista. Quando ha deciso di cambiare definitivamente vita?

"Già ai tempi dell’università avevo avuto un primo richiamo. Lasciai la Bocconi per dedicarmi esclusivamente all’arte. Poi mi sono laureato in economia, ho vinto il dottorato di ricerca, ho fatto il professore di contabilità a Salerno e il commercialista. Troncare è difficile. Ma l’arte chiamava ancora. Quando ho perso il lavoro a scuola ho deciso di cambiare vita".

Però anche il mondo delle gallerie le andava stretto.

"Sì, io ho cinque “cicli”, dagli smalti anarchici ai curriculum vitae, passando da “schegge di insonnia”, cartelli e pittura Naïf. Mi dicevano: “Ti devi specializzare in uno e devi presentare solo quello”. Ma perché fare sempre le stesse cose? Trovavo più ripetitività qui che nel lavoro del commercialista. Un paradosso".

Quando è arrivato a Milano?

"La prima volta nel ’99 poi ho deciso di trasferirmi stabilmente. Sul “Ponte degli artisti” che scavalca la ferrovia di Porta Genova e che purtroppo oggi è chiuso c’è anche il mio “Wall” con frasi iconiche. Milano mi ha dato la possibilità di esprimermi. Poi ho deciso di aprire il mio atelier a Sesto San Giovanni, uno spazio in cui posso mettere in mostra tutta la mia collezione".

Alle pareti anche tanti titoli di studio, tutti suoi?

"Sì, principalmente sono i miei. Ma c’è anche chi mi ha dato i suoi da strappare. È un atto di fiducia. Attenzione, io ho il massimo rispetto per i titoli di studio. C’è chi mi ha detto che così facendo li salvo dall’indifferenza: “Sa, io il titolo di studio non l’ho mai ritirato. Così ridà loro importanza”. Mi ha fatto piacere. Sono tutti pezzi unici e non riproducibili".

Però c’è anche una provocazione dietro.

"Assolutamente, tutto nasce da una protesta. Quello che si contesta è l’idea della certificazione: non esiste un certificatore super partes. Senza le carte non si va avanti, è vero. Ma è un problema figlio della burocrazia, nessuna carta ti dirà davvero chi è una persona. Strapparla dà anche una sensazione di “liberazione” ma soprattutto permette di mettersi in discussione".

Qual è stato il titolo di studio più “doloroso”da strappare?

"Il dottorato di ricerca in Economia e direzione delle aziende pubbliche. Anche se penso che il diploma sia il più importante".

Cosa farà se mai le chiederanno di “allegare” al curriculum i titoli di studio?

"Ci ho pensato. Porterò i quadri".

Il luogo più particolare dove ha strappato un curriculum?

"New York, Washington Square, davanti all’università".

L’ultimo documento che ha strappato?

"L’iscrizione all’albo dei commercialisti. Mi è appena arrivata la conferma di cancellazione. Ma quella no, non la strappo".