FRANCESCO FELICE
Cronaca

San Bono e l’architettura brutalista

Francesco Felice

Buonfantino*

La Milano coraggiosa e innovativa degli anni ’60 consente anche ai dirigenti dall’Istituto Autonomo Case Popolari (I.A.C.P.) di confrontarsi con il complesso tema dell’edilizia sacra. L’architetto Arrigo Arrighetti, mentre pianifica lo sviluppo del Quartiere Sant’Ambrogio, uno dei più noti e citati esempi di edilizia popolare costruiti a Milano, progetta la chiesa San Giovanni Bono. Il luogo di culto ha la forma di una capanna, è una cuspide in calcestruzzo con numerose finestre colorate a interrompere la monotonia del grigio. Costruita nel 1968, la chiesa mostra linee molto dinamiche e una copertura in alluminio porcellanato, che sostituisce la precedente in rivestimento plastico andata distrutta nel 1981 in un incendio. L’effetto della luce filtrava dall’originale copertura che presentava, come in facciata, piccole sorgenti luminose. La forma spiovente dell’edificio giunge quasi fino a terra, la facciata triangolare induce un interessantissimo dinamismo, la sua altezza consente di essere vista da tutto il quartiere. Dinnanzi alla chiesa uno specchio d’acqua e il sagrato è rialzato rispetto al terreno. Al suo interno, una navata principale a pianta triangolare allungata e un’altra minore, a terra lastre di pietra color rosso granato. La chiesa si inserisce in un più ampio progetto edilizio. Il quartiere che ospita l’edificio di culto, infatti, è costituito per lo più da case popolari realizzate sempre dall’architetto Arrighetti che ha ideato il rione come un “insediamento autosufficiente”, in cui confluiscono case, negozi, servizi comunali, chiesa e persino una biblioteca oltre, inevitabilmente, a spazi verdi e aree pedonali. In questo contesto la chiesa non è l’unico elemento innovativo, coraggioso, passeggiando ci si imbatte in due edifici a Nord e a Sud del quartiere interamente in cemento armato a vista, mentre le restanti costruzioni sono rivestite in mattoncini di gres rosso e sono tutte uguali tra loro. L’edificio, con qualche difficoltà potrebbe definirsi “brutalista” anche se le forme morbide della copertura, gli inserimenti cromatici in vetro e l’attenzione ai particolari potrebbero anche consentire di trovarvi persino dei riferimenti all’architettura organica. In ogni caso è senz’altro un’architettura da visitare, così come tutto il quartiere in cui è inserita.*Gnosis Progetti