
Il boschetto di Rogoredo
Milano, 22 febbraio 2019 - «Ricomincio a vivere la mia vita!» La frase, scritta a mano, è di un ex frequentatore del boschetto della droga di Rogoredo. Esprime la gioia della conquista ma è pure un’esortazione da ripetere, per non rientrare nel tunnel dell’eroina dopo aver avuto la forza di uscirne. Un messaggio da lanciare a chi, ancora, quella forza non l’ha avuta: le parole sono parte di una lettera che sarà appesa a un albero del boschetto.
La prima di una serie di lettere firmate da «ex fantasmi» sulla via della disintossicazione. «Le appenderemo agli alberi per far capire a tutti gli altri che un’alternativa è possibile», spiega Pietro Farneti, consigliere delegato della Fondazione Eris che insieme ad altre realtà è attiva in quest’area per aiutare le vittime della droga. Un’iniziativa cominciata 10 giorni fa, attuata da un cartello di comunità terapeutiche patrocinate e sostenute dal Municipio 4, e che rientra nel più ampio «Progetto Rogoredo» coordinato dall’Ats Metropolitana, che unisce Comune, Regione, due Asst, la Croce rossa, molte realtà del volontariato e del privato sociale, il cui primo step è partito a fine gennaio con l’ambulatorio mobile dell’Areu, da tre settimane presente in zona tutti i giorni per sei ore con i soccorritori della Cri e gli educatori di Comunità nuova e Coop Lotta contro l’emarginazione.
È la parte sociale e sanitaria del piano della Prefettura per Rogoredo, complementare ai pattugliamenti delle forze dell’ordine e al lavoro di riqualificazione dell’area verde. E questo è il secondo step: Fondazione Eris insieme a Il Gabbiano, Promozione umana, Casa del giovane e Fondazione Exodus ha «agganciato» oltre 150 persone in 10 giorni, sette delle quali hanno intrapreso un percorso allo Smi, servizio multidisciplinare integrato, in via Ventura.
«Allestiamo il nostro banchetto quattro volte a settimana, offriamo generi di conforto e ci mettiamo a disposizione», continua Farneti. Dopo lo Smi, l’aiuto continua in comunità, appartamenti protetti o altro. Il senso di riscatto già c’è, e affiora nella lettera, scritta da uno dei sette che per primi hanno accettato il sostegno: «È un’altra occasione. Voglio dare un senso a me stesso. Ormai ero arrivato a tre tentativi di togliermi la vita, tra il sentirmi solo e inutile. Poi c’è il fallimento di essere rimasto astinente per vent’anni ed essere nuovamente ricaduto nell’uso delle sostanze». Chi scrive ringrazia chi lo ha salvato «e tutte quelle persone che credono in questo progetto e soprattutto nella salvezza di vite umane, giovani e meno giovani». Il desiderio è poter restituire il bene avuto: «L’auspicio è che un giorno anch’io possa dare il mio piccolo contributo». È difficile lasciare il boschetto: «Un 33 enne – continua Farneti – viveva qui da 5 anni e dice che gli manca il luogo». Ora «questa sperimentazione – afferma Paolo Guido Bassi, presidente del Municipio 4 – potrà diventare un punto di riferimento, replicabile anche negli altri luoghi dove si assiste al fenomeno del ritorno dell’eroina». Ed «è così – aggiungono Oscar Strano e Rosa Pozzani (Forza Italia) – che si recupera un’area per troppo tempo trascurata». Un’area che sarà pure al centro di eventi culturali in primavera, dopo il successo della «biblioteca vivente» la vigilia di Natale.