Milano – “Ho 82 anni ma ad andare in pensione non ci penso proprio. Voglio lavorare facendo quello per cui sono nato: il sarto. Ma non ditemi che sono vecchio, perché alle riunioni di categoria sono tra i più giovani”. Questo lo fa riflettere: “Nessuno della nuova generazione vuole raccogliere il testimone, perché il mio è un lavoro che comporta sacrifici. E pensare che, a suo tempo, io lo scelsi perché lo consideravo il meno duro. Altrimenti mi sarebbe toccato fare il venditore di carbone o il muratore”. Rocco Rinarelli ha 82 anni ed è uno dei sarti storici di Milano. Calabrese d’origine e milanese dal 1960, non scherza quando dice che non è stanco di lavorare. Anzi. Ieri sera ha inaugurato il suo nuovo atelier – a pochi metri dal precedente – in un piccolo locale di via Terraggio 5 a due passi da Cadorna.
Come mai si è trasferito?
“È una storia lunga. Lo spazio in cui ho lavorato per decenni rientra nel progetto di recupero del Cinema Orchidea, che si trova proprio in via Terraggio. Il piccolo locale che avevo in affitto dal Comune, affacciato sulla strada, fa parte di quel complesso maestoso. Quindi, per via dei lavori, sono stato costretto ad andare via (la nuova soluzione progettuale è stata approvata dalla giunta comunale 4 anni fa, con il parere della Soprintendenza. Realizzata un’unica grande sala polifunzionale per il cinema, che conserva la dimensione originaria, valorizza i volumi e la volta affrescata, ndr). Io ho ricevuto lo sfratto ma non volevo smettere di lavorare. Quindi ho cercato una soluzione: ho chiesto al Comune di poter occupare un altro spazio, adiacente, che era inutilizzato. Ci sono voluti tre anni ma alla fine ci sono riuscito: ho un nuovo contratto d’affitto di 6 anni più 6”.
Ora è tutto pronto?
“Sì. Adesso è arrivato finalmente il giorno del taglio del nastro (che è stato giovedì sera, ndr). Per me è un momento molto importante perché garantisce la continuità del mio lavoro e rappresenta un trionfo, dopo un percorso lungo fatto di incontri e telefonate. Al mio fianco ho sempre avuto la mia famiglia, che ringrazio. Ho ristrutturato questo spazio dopo aver ottenuto il nulla osta della Soprintendenza e ho trasferito qui tutti i miei macchinari, gli attrezzi e il materiale”.
A quanti anni è andato a bottega?
“Io sono originario di Gerocarne, in provincia di Vibo Valentia. A 5 anni entravo nelle botteghe del mio paese per imparare a cucire. A 10 ho realizzato i primi pantaloni. Poi, nel 1960 sono arrivato a Milano. Ho lavorato prima in zona Ticinese e poi a Cairoli, sempre in sartorie, specializzandomi negli abiti maschili. Nel 1974 ho aperto la mia attività in via San Giovanni sul Muro e 15 anni dopo, nel 1989, mi sono trasferito in via Terraggio”.
Davvero non ci sono giovani che vogliano fare il suo mestiere?
“Ci sono ma sono pochi quelli che uniscono la capacità allo spirito di sacrificio. Ci vuole pazienza e dedizione. Io ho formato tanti allievi negli anni, anche stranieri, che oggi lavorano per case di moda famose o hanno avviato la propria attività. I bravi vengono contesi. Oggi tanti sognano di diventare stilisti ma non sanno tenere in mano ago e filo: invece si parte da qui. È il saper fare un abito dall’inizio alla fine a fare la differenza. Saper fare un abito su misura, bene, è l’unica cosa che soddisfi il cliente”.
Chi sono i suoi clienti?
“Professionisti della Milano bene, che desiderano completi maschili fatti su misura, secondo la tradizione. Da me arrivano a comprare anche dall’estero”.
Cosa manca, rispetto al passato?
“Per tanti ragazzi questo mestiere è “pesante“. Non scherzo quando dico che alle riunioni di categoria sono tra i più giovani: io ho 82 anni ma c’è chi ne ha 87 o 89, o che supera i 90”.