Milano – Chi bussa alle porte di piccole botteghe, cantieri, laboratori e capannoni per cercare lavoro? Sempre meno persone. Eppure c’è bisogno di mani esperte o di giovani disposti a imparare un mestiere, tra quelli che forse oggi troppi considerano d’altri tempi. Con il risultato che certe figure stanno scomparendo. È quanto emerge in un’indagine di Unione Artigiani dei mesi scorsi, che ha coinvolto 500 aziende associate: il risultato è che ci sono 43mila posti di lavoro vacanti, turnover incluso, nelle 88mila imprese artigiane della Grande Milano.
Con il 40% tra queste che prevede di effettuare almeno un’assunzione. Ma gli imprenditori, evidenzia l’Unione, faticano a trovare il personale. “Almeno un titolare su cinque sa che, se avrà la fortuna di incrociare nel giro di un anno un lavoratore su misura, dovrà mettere sul piatto almeno tra il 5 e 10% in più della retribuzione minima contrattuale per non farselo sfuggire o limare i turni serali e del weekend. C’è spazio per personale di ogni età, purché sappia “fa andà i man””, perché – e si torna ai numeri – nel mercato del lavoro artigiano sono a disposizione tra Milano e la Brianza circa 15mila contratti di apprendistato, altri 28mila riservati a personale più esperto che le imprese si contendono, ed è aperta la caccia anche a diverse decine di impiegati amministrativi ed esperti digitali.
“Il settore – commenta il segretario di Unione Artigiani Marco Accornero – è prossimo all’esaurimento delle risorse umane. Dalle scuole professionali escono sempre meno giovani determinati. Serve una campagna di promozione e valorizzazione della figura dell’artigiano, specie tra le nuove generazioni: dobbiamo portare i ragazzi a vivere un’esperienza diretta nelle botteghe”. Aggiunge che “paradossalmente sui social è già così. I video che mostrano processi di realizzazione di oggetti, riparazioni, abilità manuali e tecniche raggiungono visualizzazioni da capogiro. Il valore del prodotto artigiano è riconosciuto anche dai consumatori”.
Immerso in una dimensione aziendale formata mediamente da 5 persone, preso dal lavoro e dalla gestione della burocrazia, l’artigiano non ha spesso il tempo per cercare un dipendente. E quando lo fa, almeno uno su due punta sul passaparola. Il 20% contatta invece le persone che ha già visto all’opera. Per gli apprendisti, il canale diretto privilegiato è con il Centro di Formazione professionale. Il 10% chiede aiuto sull’agenzia interinale ma ancora pochissimi ricevono candidature attraverso i canali digitali delle imprese. Dopo un primo contatto, però, prova pratica, raccontano diversi professionisti a Unione Artigiani, “la stragrande maggioranza degli aspiranti dipendenti mostra carenze tecniche o dichiara di non volersi assumere troppi impegni e responsabilità. E ci sono giovani che non accettano di alzarsi mezz’ora prima né tantomeno di lavorare nei weekend”. Quando poi si inizia a parlare di soldi, “le richieste restano lontanissime tra aspirazioni e capacità concrete e le disponibilità del datore di lavoro. Con almeno un aspirante dipendente su tre la trattativa si arena”.
Focus, infine, sui settori: aziende in cerca nell’edilizia. La domanda più forte è per installatori, impiantisti, idraulici, elettricisti e fabbri. Posti vacanti pure nel campo manifatturiero, nei saloni di parrucchieri ed estetisti e nelle attività di toelettatura degli animali. In ascesa pure autotrasporto e autoriparazione. Riprende quota anche il settore del tessile. E si fatica a trovare falegnami e tappezzieri. Il settore delle pulizie, poi, richiama il maggior numero di lavoratori stranieri.