
Il rifugio antiaereo di piazza Grandi (Newpress)
Milano, 23 aprile 2016 - Le stanze sono ampie e spoglie. Ruvide le pareti che le dividono, ma quasi rassicuranti per effetto delle tante scritte di servizio che vi sono rimaste impresse e che le scandiscono con regolarità. Per l’aria ci sono da sempre le bocche di lupo, ma sembra ancora di respirare la paura che proprio qui ha accomunato tanti milanesi. E persino il loro sollievo, a pericolo scampato. Per la luce ci si sta attrezzando, ma forse il buio è più fedele a quello che questo luogo ha giocoforza rappresentato. Sì, perché il luogo in questione è il rifugio antiaereo di piazza Grandi. Un rifugio ad arte coperto dalla fontana che da sempre domina questa piazza. Una simbiosi che continua. Secondo Alfredo Bonfanti, responsabile dell’Ufficio Fontane e Monumenti del Comune, la scelta di installare le vasche ornamentali sopra piazza Grandi e un rifugio antiaereo immediatamente sotto «non fu che casuale». Anzi le une e l’altro sono contemporanei: fontana e rifugio antiaereo furono entrambi inaugurati il 30 novembre del 1936, tra le due grandi guerre. È grazie alla fontana che nel rifugio poteva arrivare acqua potabile. E ora, fa sapere Carmela Rozza, assessore comunale ai Lavori pubblici, «l’obiettivo è rendere visitabile il rifugio proprio entro novembre 2016, in occasione del suo ottantesimo anniversario. Renderlo visitabile come luogo della memoria, in modo che possa essere ancora oggi da monito sulla realtà della guerra e delle guerre». Simbiosi, sì. I lavori sono partiti da quasi tre mesi. Innanzitutto c’è da riammodernare l’impianto idraulico della fontana per evitare gli sprechi d’acqua che ha fin qui provocato: «Bolletta da 200mila euro annui» dice Bonfanti. Analogo l’importo dei lavori in corso.
Ma il piano degli interventi ricomprende anche la sistemazione del rifugio. I due cantieri sono stati messi insieme per renderli entrambi possibili. Ieri la porta del rifugio si è aperta per un sopralluogo. Le scalinate d’accesso sono 4, ma ve n’è una sola agibile. Pochi scalini ed ecco l’ingresso in un’altra realtà, in un’altra dimensione. «Fino a pochi mesi fa – assicura la Rozza – qui non si poteva manco entrare, l’acqua era ad altezza uomo». Le pareti sono grigie e grezze, in cemento armato. Ma vi sono rimaste impresse le scritte nere che dovevano agevolare le ore all’interno del rifugio e renderle il più possibile normali: quelle che segnalano i gabinetti, quelle che segnalano i punti dove erano appesi i secchi con l’acqua potabile, quelle che segnalavano le cassette di medicazione e, ancora, quelle che vietavano di fumare e di portare cani con sé. Le stanze sono 24 per un’estensione complessiva di 400 metri quadrati. Abbastanza per ospitare fino a 450 persone: neanche un metro quadrato per ciascuno. Ma una volta, forse, in quelle stanze c’erano panche di legno. Oggi non più. Una mappa degli anni Trenta disegnata una nota casa cartografica segnalava in piazza Grandi la presenza di un edificio, non la fontana. «Un errore voluto o non voluto, non lo sapremo mai» dice Bonfanti. In pieno centro, sotto il palazzo della Reale Mutua, è spuntato un altro rifugio antiaereo. L’obiettivo può allora essere più grande: un percorso tra i rifugi. Un percorso nella memoria.