NICOLA PALMA
Cronaca

Status di rifugiato a un malato di Hiv: "Nel suo Paese cure a rischio"

Il Tribunale concede la protezione umanitaria a un migrante gambiano

Un migrante in una immagine di repertorio

Milano, 15 luglio 2018 - L'esistenza di rischi per la salute è sempre motivo valido per riconoscere a un migrante lo status di persona da proteggere. Il principio, costantemente sostenuto dalla giurisprudenza, è stato ribadito ancora una volta dal Tribunale di Milano, che nei giorni scorsi ha riconosciuto il diritto alla protezione umanitaria a un cittadino gambiano affetto da Hiv, il retrovirus agente responsabile della sindrome da immunodeficienza acquisita, l’Aids. Di conseguenza, il ragazzo potrà rimanere nel nostro Paese e continuare a curarsi. In realtà, i legali del giovane centrafricano avevano chiesto in prima battuta il riconoscimento della protezione internazionale per il cittadino costretto, a suo dire, a lasciare il Gambia per motivi religiosi. Ecco il racconto, secondo quanto ricostruito nella sentenza pubblicata da meltingpot.org. Amir (nome di fantasia) ha dichiarato di essere nato e cresciuto a Banjul, la capitale dello Stato affacciato sull’Oceano Atlantico, di appartenere al gruppo etnico Jola e di essere di religione cristiana.

Dopo la morte dei genitori, il ragazzo è andato a vivere a casa della sorella, ma la convivenza è durata poco. Sì, perché la donna si è sposata con un musulmano che l’ha convinta ad abbracciare la fede islamica. Amir si è rifiutato, e per questo il neo cognato l’ha cacciato dall’abitazione. A quel punto, ha narrato ancora il giovane, ha deciso di recarsi in Senegal dal fratello maggiore, ma «in stazione ho incrociato un amico e gli ho spiegato il mio problema: lui stava andando in Libia a cercare lavoro, ho deciso di andare con lui e successivamente sono partito per l’Italia». Sbarcato sulle coste siciliane, è iniziata la solita trafila: identificazione, trasferimento in un centro d’accoglienza lombardo e istanza di riconoscimento della protezione internazionale. Una richiesta che né la commissione prefettizia né il Tribunale hanno accolto, non ravvisandone le condizioni: per i giudici, le informazioni aggiornate sul Gambia «non indicano l’esistenza di serie problematiche dovute a tensioni tra cristiani e musulmani». Via libera, invece, alla protezione umanitaria per motivi di salute: come dimostrato dalla difesa, Amir è affetto da Hiv; pur se asintomatico, «presenta un grave quadro di immunodepressione ed è stato quindi immediatamente sottoposto a terapia».

Il paziente necessita di assunzione quotidiana di un farmaco e di controlli periodici»: l’interruzione della terapia, hanno sottolineato i medici, implicherebbe «la ripresa di progressione della malattia con possibile evoluzione ad Aids, che può comportare la manifestazione di malattie invalidanti e/o che mettono anche in pericolo di vita il paziente». La domanda: Amir avrebbe lo stesso trattamento in Gambia? «No» per i giudici: la situazione sanitaria nel Paese è sì migliorata, ma esiste «un significativo rischio per il ricorrente di non poter accedere in modo effettivo alle cure salvavita». Amir resta in Italia.