REDAZIONE MILANO

"Rifiuti e sacchi di plastica sul balcone"

Lo hanno confermato il proprietario dell’appartamento del 15.mo e suo figlio: le perizie dovranno chiarire la causa dell’innesco

di Anna Giorgi

A quasi due settimane dal rogo che ha devastato il palazzo di 18 piani di via Antonini si mette qualche punto fermo. É ormai certo che l’innesco dell’incendio fosse sul terrazzino del 15esimo piano. Da cosa sono partite le fiamme e soprattutto da cosa sono state alimentate in maniera così violenta? È un po’ questo il punto della vicenda che, per fortuna, non si è trasformata in una tragedia con vittime. Ieri sono stati sentiti in presenza dalla pm Marina Petruzzella (prima erano stati raggiunti solo telefonicamente e sentiti dai vigili del fuoco) il proprietario dell’appartamento e il figlio che a giugno si era trasferito per un breve periodo in Sicilia.

Hanno confermato davanti al pm quanto aveva raccontato anche il custode Walter Aru, che raggiungeva l’appartamento una volta ogni dieci giorni per annaffiare la piante grasse. Il proprietario e suo figlio hanno confermato che gli impianti erano staccati, ma hanno detto di avere lasciato dei sacchi neri contenti immondizia e plastica proprio dal punto in cui è partito l’incendio.

Stando alle analisi dei vigili del fuoco, coordinati dall’aggiunto Tiziana Siciliano e dal pm Marina Petruzzella, l’incendio si è originato per "causa accidentale" partendo probabilmente proprio da quei rifiuti sul balcone. E potrebbero essere stati proprio i sacchi a prendere fuoco per una causa accidentale come, è una delle ipotesi, l’effetto "lente", ossia una bottiglia di vetro che riflette i raggi solari e incendia un oggetto. Anche se quest’ultima sembra la meno probabile.

L’anziano proprietario dell’abitazione è un ingegnere esperto di sistemi antincendio, che si era occupato, tra l’altro, delle porte antincendio dell’edificio. Nelle indagini sulle falle nella sicurezza, uno dei punti su cui stanno concentrando la loro attenzione gli inquirenti è l’omologazione dei pannelli con cui era stata realizzata la facciata esterna a forma di vela, che ha preso fuoco in pochi minuti. Si dovrà capire, anche attraverso l’acquisizione di documenti, per quale uso erano stati omologati quei pannelli prodotti dalla Alucoil, una società spagnola, e forniti alla Aza Aghito Zambonini, che ha realizzato il rivestimento esterno, su commissione della Moro costruzioni.

Gli investigatori dovranno verificare se di quei pannelli infiammabili (omologati da un istituto che si occupa di certificazioni) sia stato fatto un uso regolare rispetto a quello per cui erano stati omologati. Per la prossima settimana sono previste audizioni di tecnici e responsabili delle società coinvolte, mentre sono ancora in corso gli accertamenti per la messa in sicurezza del grattacielo.