Ricerca di frontiera a Milano: AI tra detriti spaziali e ChatGpt

Nicola Gatti, professore di Computer Science and Artificial Intelligence, discuterà delle prospettive dell'intelligenza artificiale al Festival dell'Ingegneria. L'IA può aumentare il Pil del 15% nel 2030 e creare nuove professionalità. Gatti racconta come l'IA può essere un supporto per l'uomo, senza sostituirlo.

Ricerca di frontiera Tra detriti spaziali e ChatGpt

Ricerca di frontiera Tra detriti spaziali e ChatGpt

"Tutti ne parlano, pochi la conoscono davvero: attorno all’intelligenza artificiale ruotano idee confuse. Cercherò di far capire cos’è e perché condizionerà il nostro futuro". Nicola Gatti, 46 anni, è professore di Computer Science and Artificial Intelligence. Dispenserà “Visioni politecniche“ al Festival dell’Ingegneria.

Quali sono le prospettive?

"Abbiamo tutti un assistente virtuale oggi, che fa tre o quattro cose. Ma pensiamo alle macchine autonome per evitare distrazioni alla guida o ai lavori usuranti: c’è questa spinta verso l’intelligenza artificiale come supporto per l’attività dell’uomo, senza sostituzione. Si stima che il Pil crescerà del 15% nel 2030 grazie all’AI, quasi la metà sarà legata alle applicazioni a marketing e sales".

Con l’intelligenza artificiale oggi si può “ricreare“ anche un Rembrandt.

"Dipende dai dati che forniamo. Se forniamo tutti i quadri di Rembrandt, può generare un quadro come lo pitturerebbe Rembrandt. Ma se forniamo quadri rinascimentali, non otterremmo mai un Rembrandt. Racconto un aneddoto: a mia figlia, in quarta elementare, è stato chiesto di fare una ricerca sui parchi nazionali. Noi come faremmo? Con Wikipedia. Lei ha interrogato ChatGpt approfondendo parti che trovava interessanti e riordinato i contenuti a mano. C’è il limite delle fonti sconosciute, ma si restituiscono all’uomo domande e verifiche".

Anche a Hollywood è emersa una paura: perderemo professionalità?

"Noi lavoriamo con le aziende. Quelle che hanno affidato le scelte operative all’AI sono poche e c’è un umano dietro a cogliere dati e suggerimenti. Nelle rarissime situazioni in cui si affida tutto all’AI le persone si sono spostate su posizioni alte e strategiche. Si creeranno professionalità. C’è un gap da colmare tra mercato e formazione: è un problema sociale. Bisogna raccontare le figure che servono, fare un lavoro scientifico è sfidante, divertente. Svecchiamo l’idea del nerd".

E lei, quando ha scelto ingegneria?

"Da piccolo volevo fare lo scienziato. Mi sono iscritto al Politecnico, ho cominciato come ricercatore nel 2006 e ho seguito il boom dell’AI. Man mano sono aumentate le collaborazioni tra università e aziende, che aprono gli occhi. Dobbiamo fare conoscere l’impatto delle nostre ricerche e far capire che possiamo essere protagonisti del nostro futuro dominando la tecnologia e non solo subendola".