Lombardia, scuole superiori in classe lunedì: l'ultima beffa

Dopo il decreto del Tar servono alcuni giorni per poter riaprire le scuole

Una protesta contro la dad

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Milano, 15 gennaio 2021 - Questo articolo è contenuto nella newsletter "Buongiorno Milano".  Ogni giorno alle 7, dal lunedì al venerdì, gli iscritti alla community del «Giorno» riceveranno una newsletter dedicata alla città di Milano. Per la prima volta i lettori potranno scegliere un prodotto completo, che offre un’informazione dettagliata, arricchita da tanti contenuti personalizzati: oltre alle notizie locali, una guida sempre aggiornata per vivere in maniera nuova la propria città, consigli di lettura e il commento di un ospite. Per ricevere via mail la newsletter clicca su  www.ilgiorno.it/buongiornomilano

Domenico Giordano è il primo ad essere consapevole che il proprio decreto potrebbe durare appena il tempo di una scritta sull’acqua. Il presidente del Tar lombardo già mercoledì, nel decreto col quale ha annullato l’ordinanza del presidente della Regione, Attilio Fontana, e autorizzato le lezioni in aula, riferendosi a se stesso in terza persona, ha scritto: «il giudicante è bensì consapevole che il quadro normativo è in via di imminente integrazione o modifica e che l’incidenza dei dati epidemiologici in Regione Lombardia potrà indurre ad una diversa classificazione del livello di rischio, ma non può esimersi dallo scrutinio del provvedimento regionale alla stregua della legislazione attualmente vigente e applicabile». Traduzione e sintesi spietate: la Lombardia sarà presto zona rossa e quindi le scuole di ogni ordine e grado dovranno stare chiuse a prescindere da ordinanze regionali e decreti di tribunale. 

Il decreto che dispone la riapertura delle scuole è quindi destinato a rimanere lettera morta. Uno scenario già delineato su queste pagine e che ha preso quota nella giornata di ieri. Il prefetto di Milano, Renato Saccone, e la direttrice dell’Ufficio Scolastico Regionale, Augusta Celada, al termine di una riunione con Fontana e con la vicepresidente della Regione, Letizia Moratti, hanno infatti inviato al presidente del Tar lombardo una lettera nella quale spiegano che «per garantire il rientro a scuola in sicurezza degli studenti delle scuole superiori tanto il mondo scolastico quanto il sistema del trasporto pubblico locale necessitano – si legge nella missiva – di tempi organizzativi minimi». Il riferimento è ai piani messi a punto per minimizzare il rischio che sui mezzi pubblici si creino affollamenti. «Nell’ambito della predetta riunione – si legge sempre nella lettera inviata al presidente del Tar – si è pertanto convenuto che sulla ragionevole necessità, anche ai fini dell’omogeneità territoriale, che al decreto venga data attuazione a decorrere da lunedì 18 gennaio al fine di consentire al trasporto pubblico e agli istituti scolastici di disporre di tempi congrui (...). Si tratta – sottolineano Prefettura e Ufficio Scolastico Regionale – di tempi minimi, insopprimibili», perché in quei piani sono coinvolte «amministrazioni locali, forze dell’ordine, polizie locali, sanità e volontariato di protezione civile». Sulla stessa linea Daniele Barbone, presidente dell’Agenzia del Trasporto Pubblico Locale di Milano, Monza e Brianza, Lodi e Pavia, e Marco Granelli, assessore milanese alla Mobilità, che nel corso di una commissione a Palazzo Marino hanno fatto sapere che il piano per il trasporto scolastico e lo scaglionamento degli orari delle scuole e della città, potrà essere attivato solo dal 18 gennaio. «Prima di lunedì è tecnicamente impossibile», scandisce Barbone. «Ci stiamo coordinando con il prefetto per far ripartire le scuole il 18 gennaio – fa sapere Granelli –. Sono già previsti gli incontri di monitoraggio ai diversi livelli per aiutarci a migliorare in corsa, perché nessuna cosa parte perfetta, ma serve partecipazione, condivisione e corresponsabilità di tutti per funzionare».

Riapertura slittata a lunedì, quindi? Non proprio. O meglio: non è affatto detto. Per inciso ieri Giordano ha accolto un altro ricorso contro l’ordinanza della Regione, stavolta presentato da alcuni genitori del liceo classico milanese Parini e dal comitato di medici “Pillole di ottimismo“. Ricorso fotocopia rispetto a quello del Comitato A Scuola. E fotocopia è pure il decreto del presidente lombardo del Tar, che ha confermato che il provvedimento di Fontana è da censurare solo in parte: per il periodo compreso tra l’11 e il 15 gennaio la Regione, secondo il giudice, non aveva il potere di adottare misure più restrittive rispetto a quelle del Governo. Dal 16 gennaio in avanti invece sì.

Ma già da domenica la Lombardia, salvo sorprese, sarà zona rossa, come si diceva. E questo significa che dovranno stare chiuse le scuole di ogni organo e grado, non solo le superiori. L’analisi dei dati da parte della Cabina di Monitoraggio nazionale avverrà oggi. E sempre per oggi è attesa, di conseguenza, la decisione del Ministero della Salute sul livello di rischio nel quale deve essere inserita la Lombardia per le prossime settimane. In questi giorni Fontana ha però detto più volte che lo scenario verso il quale si va è proprio quello della zona rossa, anche a causa dei nuovi parametri che il Governo è pronto ad introdurre, più severi di quelli avuti finora. Non a caso anche la lettera di Saccone e della Celada si conclude facendo presente che «il quadro normativo è in via di imminente modifica». Tanto rumore per nulla, verrebbe da concludere nell’attesa che siano ufficializzate le scelte per la Lombardia. Nel frattempo l’Agenzia di Tutela della Salute (ATS) di Milano e Città Metropolitana ha scelto di unirsi al progetto di ricerca già avviato dall’Agenzia del Trasporto Pubblico Locale presieduta da Barbone e dall’Università Statale per capire se ci sia un legame tra la diffusione dei contagi da Coronavirus e i mezzi pubblici. L’obiettivo è avere una base scientifica per programmare la ripartenza del servizio. Zone rosse e Tar permettendo.

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