NICOLA PALMA
Cronaca

Pusher quasi ucciso a fucilate per una scheda telefonica: presi due componenti del commando

Una guerra nella guerra per lo spaccio tra i campi di Carpiano e Locate Triulzi: al centro della contesa una Sim in cui erano memorizzati i contatti di centinaia di clienti

Controlli della Guardia di finanza nei boschi

Controlli della Guardia di finanza nei boschi

Milano, 1 agosto 2025 – Alle 7 il pusher di turno allertava tutti i clienti, un centinaio, con uno squillo. Come a dire: la piazza ha aperto i battenti, con orari da travet che prevedevano lo stop alle 19 e pause pranzo con pizze e altre pietanze consegnate a domicilio da una pletora intermedia di consumatori-assistenti.

Tutto ruotava attorno alla scheda telefonica coi numeri degli acquirenti di cocaina, eroina e hashish: una sim associata a una sequenza numerica che si concludeva con “31”. Già, la “31”, la più ambita dalle bande di pusher che si contendono gli avamposti tra i campi di Carpiano e Locate Triulzi: chi la possedeva era l’interlocutore privilegiato di chi comprava.

Ed è proprio per riconquistare quell’ambita utenza – più volte passata di mano e di cui almeno è stata denunciata la scomparsa in due occasioni (per poi riattivarla sotto falso nome da dealer compiacenti) – che il quarantottenne marocchino Mohamed El Rrameli, cugino del presunto capo di una delle batterie Mustapha Bab Ezzine, è stato quasi ucciso quattordici mesi fa.

L’agguato

In quattro, armati di fucile da caccia a canna liscia, lo hanno aggredito e gli hanno sparato addosso un primo pallino, ferendolo al polpaccio. La vittima designata (anche se lui ha sempre sostenuto di non essere il vero bersaglio dell’agguato) ha cercato di scappare, ma è finito in un ruscello: lì è stato raggiunto dai sicari e colpito a distanza ravvicinata al torace e al fianco.

Adesso due dei presunti membri del commando hanno un nome: il trentenne marocchino Said Erraguab e il trentanovenne connazionale Jaouad Belgourmat, entrambi già ai domiciliari per un’indagine della Finanza e ora destinatari di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dalla gip Ivonne Fiorella Calderon; c’è pure un terzo destinatario della misura ai domiciliari, il pregiudicato cinquantaduenne Vincenzo Silvestre, che ha avuto un ruolo non secondario quella sera (e nei giorni successivi) ma che al momento deve rispondere solo dell’accusa di aver acquistato droga dai due per distribuirla ad altri.

L’indagine

L’inchiesta scatta poco dopo le 23 del 27 maggio 2024, quando i medici del San Paolo segnalano al 112 che qualcuno ha abbandonato davanti al pronto soccorso un uomo con ferite da arma da fuoco. Dopo essersi ripreso a fatica, El Rrameli riferisce una versione poco credibile agli investigatori della Squadra mobile, guidati dal dirigente Alfonso Iadevaia e dal funzionario Francesco Giustolisi: dice di essere stato scambiato per un’altra persona (“C., non è lui”, la frase che avrebbe sentito dire a uno degli aggressori) e descrive tre uomini (che parlavano “forse romeno”) che l’avrebbero accerchiato vicino a un laghetto tra Assago e Rozzano.

Tutto falso, come emerge dalle intercettazioni: il marocchino ne parla con un uomo che era presente al raid, il cugino Bab Ezzine; e da quest’ultimo gli agenti risalgono a Silvestre, colui che ha materialmente trasportato El Rrameli da Carpiano a Milano. Pure lui mente: dice di aver incrociato il ferito in via Palmieri e di averlo accompagnato in ospedale perché non riusciva a camminare. Uscito dalla Questura, però, aggiorna in tempo reale Erraguab e rivendica di aver salvato il c. a tutti” con le sue menzogne. Poi tocca a Bab Ezzine, che ricostruisce la dinamica in maniera quasi fedele al vero, sostenendo però di non conoscere autori e ragioni del blitz.

La svolta

Qualche mese dopo, ci ripensa: impaurito dalle minacce dei rivali (estese anche alla figlia di 15 anni), mette la polizia sulle loro tracce, portandoli in un bar di Rozzano. Anche El Rrameli si decide a parlare e svela il vero movente: “Tra i due gruppi di spacciatori vi era un’accesa rivalità determinata da una serie di clonazioni di un’utenza telefonica con conseguenti furti di clienti assuntori di stupefacenti”. È la dritta che fa chiarezza sulla contesa del “buco” (il luogo di incontro tra domanda e offerta) e instrada l’inchiesta nella direzione giusta.