Maugeri, difesa Daccò: "Le barche? Strumenti di lavoro"

L'avvocato del faccendiere di Roberto Formigoni spiega che il suo assistito "aveva delle attività lavorative a ridosso di personaggi di alto livello"

Roberto Formigoni

Roberto Formigoni

Milano, 14 giugno 2016 -  Per l'avvocato Massimo Krogh, le barche su cui Pierangelo Daccò ospitava Roberto Formigoni erano 'strumenti di lavoro' dell'uomo d'affari, non "utilita'" corrisposte all'ex Governatore. E' uno dei passaggi dell'arringa difensiva del difensore dell'uomo d'affari nel processo sulla vicenda Maugeri con al centro le accuse di associazione per delinquere e corruzione. "Si è parlato molto anche a livello mediatico - ha detto il legale - delle barche e delle villeggiature collegate alla presunta corruzione. Daccò ha spiegato che aveva delle attività lavorative a ridosso di personaggi di alto livello, aveva certamente delle barche, ma non si faceva i week-end a Ischia o a Capri, anche vedendolo non riesco a immaginarlo. Non aveva le barche per fare sfoggio di ricchezza illecita, ma erano momenti strumentali rispetto rispetto all'attività professionale che svolgeva".

Nel suo intervento, l'avvocato ha poi sostenuto che l'esistenza di un'associazione a delinquere di cui avrebbero fatto parte Daccò e Formigoni non e' provata. "Secondo l'accusa - sono le parole del legale - Daccò avrebbe fatto parte di due associazioni a delinquere: una al centro del processo San Raffaele, di cui chiederemo la revisione, per la quale e' stato condannato a 9 anni, l'altra oggetto del processo Maugeri in cui non si capisce se e' stato corrotto o corruttore. Mi appello al buon senso: e' possibile pensare che uno stesso soggetto sia organizzatore di entrambe? E' una duplicazione che suona stonata. Se si fosse occupato anche di altre strutture sanitarie in questo periodo avremmo avuto cinque o sei associazioni a delinquere? Le associazioni a delinquere sono quelle di mafia e camorra, mentre qui non e' configurabile l'associazione rispetto ai singoli reati".

A questo proposito, il difensore ha rilevato che "l'argomento principale dell'accusa è che non è possibile commettere una serie così numerosa di reati senza il sostegno di un'associazione ma la Procura, che pure si è comportata in modo lodevolissimo, non spiega nemmeno l'origine di quest'associazione". Krogh ha contestato anche la ricostruzione della figura di Daccò tratteggiata dai pm: "Si dice che avrebbe avuto compensi enormi non giustificati dalla sua figura, ma, come lui stesso ha spiegato nelle dichiarazioni spontanee, Daccò era un imprenditore e questo è documentato negli atti. Non esiste negli atti la sola prova di un passaggio diretto di denaro" da Daccò verso Roberto Formigoni. Ora per l'accusa e' diventato un malvivente ma nella vita non ha fatto altro che opere di bene". In conclusione, per il difensore "l'accusa a Daccò è basata su un teorema non avendo suo sostegno prove sufficienti". "La mia impressione - e' l'ipotesi difensiva - e' che questo e' un processo piu' che sui fatti sulla personalita' di Dacco'. E' un processo confuso che non puo' portare il Tribunale a una condanna oltre il ragionevole dubbio. Per questo chiedo il proscioglimento del mio assistito".

Secondo l'accusa, dalle casse della Fondazione Maugeri sarebbero usciti circa 61 milioni di euro tra il '97 e il 2011 e dalle casse del S. Raffaele tra il 2005 e il 2006 altri nove milioni di euro. Tutti soldi che sarebbero confluiti sui conti e sulle societa' di Dacco' e Simone, presunti collettori delle tangenti, i quali poi avrebbero garantito circa otto milioni di euro in benefit di lusso, tra cui vacanze, l'uso di yacht e finanziamenti per la campagna elettorale, all'allora governatore lombardo. Per Dacco' la Procura ha chiesto la condanna a 8 anni e otto mesi di carcere. 

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