M.CONS.
Cronaca

Milano, il pm Alberto Nobili lascia la toga: mafia e terrorismo le sue indagini

Va in pensione dopo 42 anni trascorsi a Palazzo di Giustizia uno dei magistrati più esperti e stimati. Nel ’97 si offrì come ostaggio quando un piccolo imprenditore si chiuse in banca con bomba e pistola

Il pm Alberto Nobili

Milano -  Unica concessione ad un minimo di “celebrità“, è stata la sua partecipazione a una serie televisiva sulla malavita milanese. Negli ambienti giudiziari milanesi molti lo ricordano quando pm di punta dell’antimafia milanese girava con una scorta armata fino ai denti perché bersaglio di minacce e attentati. Ma anche per le sue indagini sui sequestri di persona e quelle più recenti sul terrorismo islamico e nostrano, sui gruppi di estremisti di destra e di sinistra, fino all’impegno per arginare i No Vax che l’anno scorso per mesi, ogni sabato, sono scesi in piazza paralizzando Milano costringendo carabinieri e poliziotti a garantire la sicurezza.

Alberto Nobili compie 70 anni, età che non dimostra, ma che per chi indossa la toga significa che è arrivato il momento di andare in pensione. Di origini romano-marchigiane e milanese d’adozione, è entrato in magistratura nel luglio del 1979 e dal settembre dell’anno successivo è sempre stato in servizio al quarto piano del Palazzo di Giustizia.

Cominciò con indagini sul narcotraffico, istruì il caso dello scandalo del vino al metanolo e prima di passare alla Direzione distrettuale antimafia, dove ha lavorato per tanti anni a partire dal ‘92 quando venne costituita, si è occupato anche delle prodezze di Renato Vallanzasca. Ha coordinato le prime grandi inchieste sulla criminalità organizzata, in particolare la ‘ndrangheta, ha istruito gli storici maxi processi Nord-Sud e Wall Street rischiando anche la vita perché nei suoi confronti fu progettato un attentato, fortunatamente sventato con l’arresto del commando. Dalla fine degli anni ‘80 ha indagato su parecchi sequestri, da quello dell’industriale Franco Trezzi fino a quelli di Alessandra Sgarella e Gianmario Roveraro. 

Nel 2007 Nobili venne nominato procuratore aggiunto e come coordinatore del pool criminalità e omicidi si è occupato, tra l’altro, del caso di Lea Garofalo, collaboratrice di giustizia sciolta nell’acido dall’ex compagno, e dell’omicidio di Giovanni Veronesi, gioielliere ammazzato nel suo negozio a Brera. E pure della coppia “diabolica“ che con l’acido aggrediva. Dopo 10 anni, in base alle norme, è tornato semplice pm ma con la delega per gestire l’Antiterrorismo. E l’ex dei Proletari armati per il comunismo Cesare Battisti, riportato in Italia dopo quasi 40 anni di latitanza, proprio davanti a lui ha confessato i quattro omicidi per i quali era già stato condannato. Nel 2019, Nobili ha permesso il ritorno in Italia di un bambino di 11 anni portato in Siria dalla madre che si era arruolata nell’Isis.

Candidatosi al ruolo di procuratore capo nel 2016, non avendo alle spalle alcuna corrente sindacale non riuscì a ricoprire uno degli incarichi più prestigiosi della giustizia italiana. Stimato dalla maggior parte dei suoi colleghi per disponibilità e generosità, di lui sono sempre state apprezzate le doti di onestà intellettuale e la capacità di mediatore. Abilità che lo ha portato a trattare e risolvere casi che avrebbero potuto avere un epilogo tragico. Difficile dimenticare quando nel ‘97 si offrì come ostaggio nella vicenda di Domenico Gargano, l’uomo che per 28 ore, con pistola e bomba a mano, rimase asserragliato in una banca alla periferia di Milano tenendo in ostaggio i dipendenti, e che Nobili convinse ad abbandonare i suoi propositi e a consegnarsi. Due anni fa, poi, in piena pandemia salì su un gru e riuscì a sedare la rivolta dei detenuti di San Vittore, che dal tetto del carcere chiedevano di uscire per paura del Covid.