
Petrarca e Lord Byron incantati dalla bellezza
"Lasciatevi interpellare dalle pietre, dagli affreschi, dallo spazio monastico di un’antica Certosa, dalle molte vicende di uomini e donne" che hanno contribuito a rendere grande la Certosa di Garegnano, scrive il parroco della chiesa gioiello dedicata a Santa Maria Assunta in cielo, tra i capolavori meneghini, che un tempo si trovava al di fuori delle mura cittadine. Fondata il 19 settembre 1349 da Giovanni Visconti, è da sempre un punto di riferimento importante. Non solo “casa“ dei monaci ma anche meta di pellegrini e fedeli. Anche Francesco Petrarca trovò ospitalità tra le sue mura: nel 1357 definiva il monastero "nuovo e nobile" in una lettera indirizzata al suo amico Guido Sette, vescovo di Genova. Una lettera "scritta con penna contadina – sottolinea – nella casa della Certosa di Milano, dove passo l’estate". Data: 1° settembre 1357. Nel Cinquecento ad ammirarla furono San Bernardino da Siena, da San Carlo Borromeo e Filippo IV di Spagna. E ancora durante l’Ottocento la Certosa venne visitata da Lord Byron, nobile, poeta e politico britannico che descrisse la sua magnificenza in una lettera, stregato dagli affreschi di Simone Peterzano, il maestro di Caravaggio, e di Daniele Crespi.
La facciata è ornata da statue, obelischi e fregi. Tutta la statuaria, a eccezione dell’altorilievo della Maddalena, è realizzata in marmo di Candoglia, lo stesso del Duomo. La Chiesa possiede un’unica navata con volta a botte ed è completamente affrescata e ornata di stucchi.
Tra le curiosità, una rappresentazione “particolare“, che incuriosisce i visitatori: entrando, in alto a destra, si vede un santo con in mano quello che sembra essere un prosciutto e che in realtà è una zampa di mulo. Chi è? Secondo la leggenda, ha le sembianze di Guglielmo da Fenoglio, addetto agli approvvigionamenti della mensa della Certosa. A spiegare ogni segreto di questo antico complesso pensano “Gli Amici della Certosa“. Ma i turisti sono ancora troppo pochi.
M.V.