NICOLA PALMA
Cronaca

Via del Fusaro, palazzo troppo alto: stop ai lavori

Revocato il permesso di costruire

Lavori interrotti dal Tar nel 2013. Ora la sentenza definitiva del Consiglio di Stato

Milano, 7 febbraio 2018 - Quel palazzo di otto piani non vedrà mai la luce. Al massimo ne verrà realizzato uno a due piani, cioè della stessa altezza dell’autorimessa preesistente, come da nuovo progetto già pronto in linea con le regole introdotte dalla Giunta Pisapia nel 2012 con il nuovo Piano di governo del territorio (Pgt). Si chiude con la sentenza del Consiglio di Stato la vicenda dello stabile in costruzione all’angolo tra le vie Cavalcabò e del Fusaro, a due passi da via Washington. Ed è un precedente destinato a fare giurisprudenza per tutti i casi, e ce ne sono stati parecchi negli ultimi anni, di edifici che vengono tirati su all’interno dei cortili interni. La storia inizia il 30 ottobre 2012, quando il Comune rilascia all’Immobiliare Cavalcabò il permesso di costruire: il piano originario prevede la demolizione del posteggio a pagamento e la realizzazione di un nuovo palazzo residenziale da otto piani.

Gli inquilini  del condominio di via del Fusaro 2, rappresentati dagli avvocati Danilo Giovanni Daniel e Gianfranco Tobia, si rivolgono subito al Tar per bloccare tutto: quello stabile è troppo alto e rischia di togliere aria e luce al fabbricato in cui loro abitano; per di più, aggiungono, non è stata neppure rispettata la distanza minima tra gli edifici. I giudici accolgono la richiesta di sospensiva con ordinanza datata 14 febbraio 2013 e dispongono il blocco temporaneo dei lavori. Mai più ripartiti da allora. Sì, perché sei mesi dopo, il 9 agosto 2013, arriva la sentenza nel merito del Tribunale amministrativo, ancora favorevole ai ricorrenti. Innanzitutto, il Tar sottolinea la violazione dell’articolo 9 del decreto ministeriale numero 1444 del 1968 (recepito dal regolamento edilizio di Palazzo Marino), «in quanto il progetto ha previsto di collocare il nuovo edificio» a una distanza dallo stabile esistente inferiore ai canonici 10 metri previsti dalla legge; in particolare, dagli elaborati presentati in aula emerge che la misurazione è stata fatta senza tener conto della sporgenza dei balconi, sia quelli di via del Fusaro 2 sia quelli ancora da costruire.

Non basta. L’altezza prevista per il nuovo edificio non rispetta i dettami dell’articolo 3.3 della legge regionale della Lombardia numero 132 del 2009, «in quanto la costruzione era stata prevista di otto piani», cioè pari a quella degli «edifici presenti in cortina», anziché «con altezza pari alla metà di quella, vale a dire quattro piani». Tutto finito? No, l’immobiliare Cavalcabò si appella al Consiglio di Stato per ottenere il ribaltamento del verdetto. Niente da fare. Il ricorso è infondato, la conclusione di Palazzo Spada. Per un motivo semplice, che assorbe tutte le altre contestazioni: l’inderogabilità della distanza minima dei 10 metri tra le pareti finestrate di due palazzi confinanti. Una norma, argomentano i giudici, che ha «il fine specifico di garantire l’interesse pubblico a un ordinato sviluppo dell’edilizia e alla protezione della salute dei cittadini. «Una decisione esemplare», commenta l’avvocato Daniel per conto dei suoi clienti. L’Immobiliare Cavalcabò dovrà anche pagare le spese legali: conto da 8mila euro.nicola.palma@ilgiorno.net