L’effetto è un aumento della precarietà e della flessibilità, con le aziende che hanno strumenti in più per liberarsi del personale nel settore della ristorazione. Il periodo di prova è una degli istituti attorno a cui si innesca un meccanismo di contrattazione pirata che distorce, ulteriormente, la percezione di un settore già alle prese con una lenta ripresa post-Covid. La durata media del periodo di prova per un cameriere con contratto Fipe-Confcommercio è di 30 giorni. Con altri contratti si può arrivare da 60 fino a 140 giorni. Un periodo di prova “infinito“, che mette l’impresa in una posizione di vantaggio. Il lavoratore, così, può essere impiegato per periodi di picco, nelle stagioni turistiche. E poi, quando il lavoro cala, può essere lasciato a casa con il pretesto del mancato superamento della prova. "La tecnica adottata dai contratti diversi dal nostro – ha spiegato Andrea Chiriatti, dell’area relazioni sindacali Fipe – prevedono durate raddoppiate o triplicate. Una differenza che si palesa soprattutto negli inquadramenti più utilizzati dalle imprese: pizzaioli, barman e camerieri".