GIULIA BONEZZI
Cronaca

Ernesto Pellegrini, quel legame ideale coi Moratti e la stagione magica di Trapattoni: “Unire le persone era il suo stile”

Il cordoglio di Massimo e Milly, eredi al vertice della società: “Quanto cibo regalò ai poveri durante il Covid”. La Russa: impronta indelebile nella memoria dei tifosi. Spada (Assolombarda): vero spirito ambrosiano

Ernesto Pellegrinicon Massimo Moratti a San Siro

Ernesto Pellegrinicon Massimo Moratti a San Siro

MILANO – “Entrambi hanno sempre pensato che l’Inter sia prima di tutto una relazione tra le persone”, dice Milly Moratti: Ernesto Pellegrini che trent’anni fa passò il testimone della Beneamata a suo marito Massimo, “era il papà” di quell’idea. Ragioniere figlio di ortolani del quartiere Monserchio, milanese self made fondatore di un gruppo della ristorazione che fattura 24 milioni e fa lavorare undicimila persone, “imprenditore attento al sociale e presidente dell’Inter dei record di Trapattoni – riassume il sindaco Giuseppe Sala –. Milano lo ricorderà sempre con affetto”.

Tutto il cordoglio per la sua morte, a 84 anni e proprio “in un giorno speciale per la sua amata Inter” che ha giocato la finale di Champions col lutto contro il Paris Saint-Germain, osservano il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana e quello della Triennale Stefano Boeri, tutto il “grande vuoto” che lascia, aggiunge l’europarlamentare di Forza Italia Letizia Moratti che piange “un amico”, sono attraversati da questa identità pubblica doppia e parallela: da un lato gli undici anni, tra l’84 e il ’95, in cui Pellegrini ebbe l’Inter “lasciando un’impronta indelebile nella memoria nerazzurra”, dice il presidente del Senato Ignazio La Russa, e dall’altro l’impegno civile, intensificato in questo millennio con la Fondazione Pellegrini e il ristorante Ruben al Giambellino: chiamato come un bracciante morto di freddo in una baracca ai bordi della metropoli che era suo amico da ragazzo, da un decennio, sei sere a settimana, fa mangiare cinquecento persone in difficoltà economiche in un posto grazioso, con un menù completo al prezzo simbolico di un euro; che si paga, diceva Pellegrini, “per una questione di dignità”. “Un’autentica gemma”, ricorda il capogruppo dem al Pirellone Pierfrancesco Majorino, ai tempi dell’apertura assessore alle Politiche sociali in Comune.

A trovare il collegamento tra le due anime pubbliche di Pellegrini, tra calcio, cibo e solidarietà, è la compagna di vita di Massimo Moratti, che da lui comprò la squadra ma con lui ne condivise soprattutto il concetto. Oltre a un’impostazione molto ambrosiana, di gente “che vuol più fare che parlare”; e il suo pensiero corre ai giorni surreali della pandemia, quando Milly Moratti, sostenitrice dagli albori dell’avventura di Gino Strada, raccoglieva generi di prima necessità che i volontari di Emergency distribuivano e consegnavano a lombardi isolati, rimasti soli e spesso senza mezzi: “Non finirò mai di ringraziare Ernesto Pellegrini per la sensibilità, la sua generosità. Per tutto il cibo che ci ha donato in quei giorni”.

Il calcio allora, ma anche il cibo come condivisione. E il cibo, per Pellegrini, era anche al centro dell’avventura imprenditoriale dal momento in cui, capo contabile poco più che ventenne alla Bianchi, fu incaricato di gestire la mensa della fabbrica di biciclette perché in quanto figlio d’ortolani avrebbe saputo “distinguere la verdura fresca da quella vecchia”. E Pellegrini, al Ruben, ha voluto piatti gourmet lontanissimi dall’immaginario della mensa dei poveri: “La sua vita è stata un esempio di come il successo imprenditoriale possa e debba tradursi in responsabilità sociale concreta” ed essere “motore di cambiamento, offrendo non solo assistenza ma anche rispetto, accoglienza e opportunità di riscatto”, dice Luca Stanzione, segretario della Cgil di Milano. “Un esempio dello spirito ambrosiano – sintetizza il presidente di Assolombarda Alessandro Spada –. Ha dimostrato che fare impresa può, e deve, anche significare prendersi cura degli altri. Io perdo un caro amico e un punto di riferimento”. E Milano, aggiunge il presidente della Camera di commercio, Carlo Sangalli, “perde una figura di primo piano che ha contribuito realmente a farla crescere a livello economico, sociale e culturale. Resterà nel cuore dei milanesi”.